Ci sono tragiche ricorrenze che disegnano inquietanti connessioni, tra passato e presente: la morte di Federico Garcia Lorca, nel modo in cui è avvenuta – e collocata in un contesto politico particolare, come quello dell’avvento del franchismo in Spagna – è una di queste. Ma ricordiamo il poeta, nonché grande personaggio, che ricercato dal regime di Franco fu arrestato e poi ucciso, senza alcun processo. Era il 19 agosto del 1936. La guerra civile era appena cominciata. Il fascismo era alle porte. Lorca fu trovato in casa di amici e condotto in una località vicina Granada, Viznar. Lì venne assassinato.
«Fu ucciso perché era “socialista, massone appartenente alla loggia Alhambra” e “praticava l’omosessualità e altre aberrazioni». Questo quanto si legge in un documento recentemente scoperto e riportato alla luce dagli archivi della polizia franchista. Un regime, quello di Franco, che arrivò al potere dopo un tentato golpe e dopo l’aiuto di personaggi quali Hitler e Mussolini. Allora, come oggi, il contagio nero del nazi-fascismo faceva presa in quasi tutto il vecchio continente. Oggi lo chiamiamo sovranismo, o populismo. Oggi, come allora, si accanisce contro le minoranze. Basta vedere cosa succede in certi paesi dell’est contro persone transgender – come in Ungheria – e contro la comunità Lgbt+, più in generale. Le cronache che arrivano dalla Polonia non fanno ben sperare.
Praticava l’omosessualità e altre aberrazioni, secondo gli scagnozzi di Francisco Franco. Ma a leggerne la biografia, scopriamo che Federico Garcia Lorca fu un intellettuale di spessore, un poeta innamorato della vita e non solo: nota è la sua relazione con Salvador Dalì, con cui ci fu un intenso carteggio – letterario e amoroso – che durò fino all’anno della morte del poeta. «Federiquito, nel tuo libro ho visto te, la bestiolina che sei, bestiolina erotica» gli avrebbe scritto Dalì, «con il tuo sesso e i piccoli occhi del tuo corpo…il tuo alluce in stretta corrispondenza col tuo p…».
I fascismi, che siano quegli storici nati negli anni tra le due guerre, o quelli più recenti sorti nell’Europa un tempo sovietica e oggi amata dai “sovranisti” nostrani, non amano le persone Lgbt+. Cambia il tipo di violenza, che può essere giuridica nei casi più blandi – ma non meno oppressivi – o può incidere sulla sicurezza delle persone, fino a portarne all’assassinio. Ma la logica è sempre quella: rendere invisibili i soggetti divergenti. «Nonostante la promessa di rilasciarlo in libertà nel caso in cui non vi fossero denunce a suo carico, il Governatore Guzman dà l’ordine segreto di procedere con l’esecuzione» E a Viznar, Federico Garcia Lorca «trovò la morte tramite fucilazione da un plotone di sei uomini (ai quali furono promessi 300 pesos ed una promozione)». Il corpo finì in una fossa comune. L’opera del poeta fu sottoposta a pesanti censure fino alla morte del tiranno.
Fu ucciso perché socialista, massone e omosessuale. Così riporta il verbale della polizia di regime. Ma proviamo a leggere tra le righe di quelle che erano accuse, all’epoca. Lorca era uno scrittore militante, che rifiutava la violenza del suo tempo, l’ideologia nazionalista pronta a decadere nel volgare fascismo di Franco. Presagendo la catastrofe, a Lorca fu proposto di lasciare il paese e trovare asilo politico in America Latina, ma il poeta rifiutò e decise di restare a Granada. Scelta che si rivelò fatale. E che spiegò in un’intervista ad un quotidiano madrileno.
«Io sono uno Spagnolo integrale e mi sarebbe impossibile vivere fuori dai miei limiti geografici; però odio chi è Spagnolo per essere Spagnolo e nient’altro, io sono fratello di tutti e trovo esecrando l’uomo che si sacrifica per una idea nazionalista, astratta, per il solo fatto di amare la propria Patria con la benda sugli occhi. Il Cinese buono lo sento più prossimo dello spagnolo malvagio. Canto la Spagna e la sento fino al midollo, ma prima viene che sono uomo del Mondo e fratello di tutti. Per questo non credo alla frontiera politica». Parole che, oggi più che mai, risuonano non solo come testimonianza della storia, ma come eco di un passato che torna. Minaccioso. E che va fermato, prima che sia troppo tardi.
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