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Sanremo 2021, vincono i Måneskin: il buon segno dei tempi che cambiano

Significa “chiaro di luna”, Måneskin, in lingua danese. Il gruppo – e resterà celebre il malapropismo di Orietta Berti, che li ha ribattezzati “naziskin” – ha vinto questa edizione del Festival di Sanremo con Zitti e buoni, un pezzo in verità poco sanremese (così come è poco rassicurante la loro presenza scenica per i canoni della manifestazione canora). Un brano che parla di ribellione, alienazione, di oppressione sociale e come opporsi ad essa.

Chi sono i Måneskin

Pur molto giovani – stiamo parlando di Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio, tutti ventenni – i Måneskin sono in attività dal 2015. La band romana si esibisce dapprima come gruppo di artisti di strada, quindi arrivano a X Factor nel 2017 dove arrivano secondi. Dopo il talent, esce il loro primo disco Il ballo della vita. Seguito da ben 14 dischi di platino e 5 dischi d’oro. Quindi il primo tour, con e 67 concerti in Italia e in Europa, tutti in sold out. Il loro pubblico di riferimento è quello di giovani e adolescenti che con ogni evidenza, grazie anche al televoto, hanno ribaltato le classifiche delle serate precedenti.

La poetica della ribellione giovanile

Il gruppo nella campagna di Oliviero Toscani

Una vera e propria poetica della libertà e della ribellione, quella dei Måneskin. Ravvisabile nel brano-manifesto immediatamente precedente alla canzone che li ha visti sul podio dell’Ariston. «Abbiamo vent’anni e siamo testardi. Abbiamo vent’anni e siamo un’infinita contraddizione» cantano in Vent’anni, uscita a ottobre 2020. «Fateci amare chi vogliamo, fateci crescere, fateci sperimentare. Vogliamo prenderci il mondo». Lanciano un messaggio di rottura, rispetto a una società troppo ingabbiata in un “dover essere” in cui le nuove generazioni non riescono più a riconoscersi. E si mostrano per quello che sono: non solo ribelli, ma anche fragili. E lo hanno dimostrato, al momento della vittoria, con le loro lacrime di gioia.

Contro le aspettative di genere

La rottura è visibile nelle performance di Damiano David, abitualmente su tacchi alti, torso nudo e pole dance. Con una rottura delle aspettative di genere che ha fatto storcere il naso ai soliti noti. E, quindi, va bene così. E diventa quindi concreta, questa ribellione, nella campagna fatta con Oliviero Toscani nel lancio di Vent’anni, in cui hanno posato insieme abbracciati e nudi. Sì, si potrebbe obiettare, la ribellione a quell’età è un deja vu di qualsiasi generazione. Ma, viene da chiedersi, perché mai non dovrebbe essere il loro turno?

Il segnale dei tempi che cambiano

E l’hanno portata, questa esigenza di rottura degli schemi, sul palco più famoso d’Italia. E il popolo di giovani e adolescenti, da casa, ha lanciato il suo segnale d’approvazione. Un segno dei tempi che sarebbe un errore non tenere in considerazione. E questo, al netto del favore che il pezzo può incontrare o meno. Forse ha vinto la performance. Forse sul podio è arrivato il messaggio. E va bene così. È un buon segno di un tempo che evolve. Sanremo è Sanremo anche per questo.

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