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Rifugiato siriano in Canada fa del supporto ad altri rifugiati Lgbt+ la sua ragione di vita

Si chiama Basel Abou Hamrah e viene dalla Siria. È un rifugiato per motivi umanitari in Canada e ha deciso di consacrare la sua vita all’aiuto di altri rifugiati Lgbt+.

ESSERE GAY IN SIRIA

Basel ha raccontato che essere gay dichiarati in Siria – anche vivendo come lui, negli ultimi due anni, in un campo rifugiati – è troppo pericoloso. A una radio canadese ha raccontato: «Vengo da una cultura in cui essere omosessuali non è nemmeno un argomento di cui parlare. Sarei scomunicato dalla mia comunità. Diseredato da mio padre, dalla mia famiglia. Se loro immaginassero che io possa avere un fidanzato potrei finire in galera. È dura essere gay in Siria: viviamo in segreto».

Per questo Basel Abou Hamrah è scappato a Edmonton, Alberta, nel 2015. Per molti anni, però, ha vissuto il trauma del dover vivere in segreto. Aveva ancora paura a fare coming out.

LA NUOVA VITA IN CANADA

«Quando mi sono trasferito stavo cercando un modo per connettermi alla comunità, ma ero troppo spaventato per uscire allo scoperto e cercare qualcuno che mi aiutasse», ha raccontato. Quando finalmente ha trovato il coraggio di dichiararsi gay alla donna che lo stava aiutando con la sua pratica da rifugiato, ha ricevuto dalla stessa l’input per aiutare altri rifugiati lgbt+.
Così Vasel Abou Hamrah è diventato un counsellor alla Edmonto Mennonite Centre for Newcomers e ha fondato un gruppo di supporto chiamato Rainbow Refuge per Lgbt+ refugees.
Il gruppo aiuta i nuovi arrivati a compilare le domande, a trovare avvocati, a fare domande di lavoro e trovare nuovi amici, oltre a dare accesso alla assistenza sanitaria e alle locazioni. In due anni ha aiutato 130 persone lgbt+ a sistemarsi a Edmonton.
Ha raccontato: «Quando ci incontriamo, si rispecchiano nella mia storia. Si relazionano con me come una persona e questo rende loro più semplice esprimersi e chiedere supporto e aiuto e a instaurare rapporti con la comunità». Hamrah ha raccontato che i rifugiati vanno anche ai Pride tutti insieme: «Se andiamo tutti come comunità loro sentono di poter essere chi sono. Siamo liberi».

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