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Rapiscono il figlio a Padova perché gay e lo spediscono in Bulgaria per curarlo

Scoprono che il figlio è gay e decidono di rapirlo per poi trasferirlo forzatamente da Padova, la città dove studiava e amava, a una località in Bulgaria.

“Per tentare di rieducarlo”

Lo riporta la stampa locale spiegando che la coppia di genitori e un amico, che li aveva supportati nel 2015 nel blitz, ora rischiano il processo. Tre gli obiettivi dei genitori: allontanarlo dal fidanzato con il quale condivideva l’appartamento insieme ad altri due studenti, lavare l’onta che aveva macchiato la famiglia e tentare di ”rieducarlo”.

Omofobia Familiare

Il pubblico ministero padovano Sergio Dini, si legge sul ‘Mattino di Padova’, ha chiuso l’inchiesta e si prepara a sollecitare il giudizio nei confronti della madre e del padre della vittima, entrambi 44enni, e dell’amico di origine serba. Le accuse, riporta il quotidiano, sono sequestro di persona aggravata, violenza privata e lesioni personali, sempre aggravate e continuate

Il blitz della famiglia

La spedizione punitiva è avvenuta quattro anni fa, il 16 maggio 2015. I due ragazzi si erano conosciuti per caso nei mesi precedenti. Tutti e due studenti nell’ateneo padovano, si erano trasferiti a vivere in città per seguire le lezioni e non perdere troppo tempo.
È solo una coincidenza il loro incontro nell’appartamento dove trovano alloggiano insieme ad altri due universitari. Subito si trovano simpatici. Si piacciono. E scoprono anche di amarsi, vivendo quel legame affettivo omosessuale con gioia. All’inizio la famiglia del ragazzo bulgaro non vede o finge di non accorgersi. Poi, incapace di accettare la situazione, decide di intervenire. A modo suo. Quel 16 maggio i genitori di si presentano nell’appartamento a Padova scortati dall’amico. Il figlio apre la porta di casa ignaro della trappola. Il terzetto piomba nell’abitazione dove i due compagni si trovano da soli. L’aggressione è repentina e feroce. N. viene costretto a restare fermo in un angolo per evitare che possa scappare e chiedere aiuto. Anzi, quando tenta di intervenire a favore di D., è minacciato di morte e colpito in pieno volto da un pugno che gli provoca lesioni guaribili in sei giorni. Nel frattempo D. è immobilizzato, trascinato giù dalle scale della palazzina e caricato a bordo di un’auto che sguscia via a tutta velocità.

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