Com’era prevedibile in un paese come il nostro, un caso di omogenitorialità – nello specifico, quello che coinvolge le vite di Chiara Foglietta, della sua compagna Micaela Ghisleni e del piccolo Niccolò Pietro, nato dalla loro unione – ha scatenato polemiche, dubbi e perplessità. È il prezzo da pagare quando si fanno dell’arretratezza cifra politica, del tifo da stadio metodo di comunicazione e dell’incomprensione l’obiettivo finale. Purtroppo.
Eppure Micaela Ghisleni, anche lei ospite, l’aveva spiegato bene: nel momento in cui una coppia di persone dello stesso sesso decide di mettere al mondo una nuova vita, fa di quell’atto fondativo – che ha la sua sede primaria nel pensiero e nel consenso – la base che dovrebbe legittimare sul piano dei valori il senso di quella nascita. Scelta ponderata e, mi si permetta di dirlo, molto più di certe gravidanze che nel mondo eterosessuale vengono per disattenzione o in modo inaspettato (e si badi, non sto facendo graduatorie di legittimità: ogni scelta o ogni vita son degne di rispetto).
Il quadro normativo attuale prevede la legge 40: essa impone alla coppia che ricorre all’eterologa di riconoscere il figlio concepito. La legge sulle unioni civili, pur nella sua incompletezza, uniforma i diritti delle coppie dello stesso sesso a quelli di chi si unisce in matrimonio. Ergo, una coppia omogenitoriale che decide di avere un bambino ha poi l’obbligo di riconoscerlo. Questo a prescindere da chi dei due sia legato biologicamente al piccolo, esattamente come in una coppia etero. Basterebbe avere un minimo di curiosità scientifica, una discreta dose di buona volontà e una certa predisposizione all’onestà intellettuale per capirlo senza troppa fatica. Qualcuno dovrebbe informare Vespa e Saltamartini, a questo punto.
Se non fosse sufficientemente chiaro, qui il problema non è la legittimità di voler essere genitori: come abbiamo già visto, quella legittimità è data nel momento in cui si fa una scelta ponderata in nome di un progetto di vita che prevede altra vita. E ciò vale sia per le coppie di padri (pazienza se qualcuno/a si farà rodere il fegato) sia per le coppie di madri. Il vero problema, ribadiamolo, è il grado di violenza istituzionale e culturale che si esercita su bambini e bambine. Siamo di fronte a questo bivio. Poi si faccia la scelta che si ritiene più opportuna. Quei bimbi un giorno ci giudicheranno di conseguenza.
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