Massimo Gandolfini, il neurochirurgo organizzatore degli ultimi due Family Day e portavoce del comitato “Difendiamo i nostri figli”, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di avere diffamato Arcigay. Lo rende noto il Giornale di Brescia, quotidiano di proprietà di una fondazione riconducibile alla curia bresciana.
Il processo è, in realtà, già cominciato martedì scorso a Verona, dove si è svolta la prima udienza che è stata aggiornata.
Lo scorso aprile, Arcigay nazionale aveva sporto querela nei confronti di Gandolfini sulla base delle registrazioni di quanto detto dal neurochirurgo in alcuni dibattiti pubblici. In quelle occasioni Gandolfini disse che l’associazione promuoverebbe la pedofilia. A supporto della sua teoria, Gandolfini aveva preso un articolo pubblicato da Repubblica nel quale si annunciava la decisione di Facebook di inserire 58 termini per descrivere il proprio genere quando si compila il profilo personale. Una scelta fatta dal social network in collaborazione con Arcigay.
Nell’esporre la novità alle sue platee, l’oratore aveva riportato una parte del testo dell’articolo secondo cui una di questi nomi era destinato a far discutere. “Nel titolo e nel testo dell’articolo si chiarisce senza ambiguità alcuna che la categoria “destinata a suscitare dibattiti” è quella del femminiello – spiegò l’associazione rendendo nota la decisione di querelarlo -, identità tipica della tradizione napoletana. Ma Gandolfini al suo pubblico dice che la categoria in questione, approvata da Arcigay, sarebbe la pedofilia”.
Le parole di Gandolfini erano anche state registrate in sei video poi pubblicati online (e ora non più disponibili*). I video erano relativi ad incontri pubblici che si sono tenuti a Sommacampagna (Vr) il 9 aprile del 2015, a Brescia il 25 febbraio 2015, a Villaregia di Portoviro (Ro) il 12 aprile 2015 e a Padova il 17 marzo 2015 alla presenza dell’assessora regionale Elena Donazzan.
*Un lettore ci segnala che c’è ancora un video disponibile su YouTube che dimostra le parole di Gandolfini. Eccolo:
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