Se si dovesse utilizzare un aggettivo per descrivere il clima di ieri alla sede di Omphalos, poco prima del congresso che ha rinnovato le cariche, questo sarebbe uno solo: “tranquillo”. La gente era più o meno ordinatamente in fila per registrarsi prima dei lavori congressuali e ottenere il badge per votare e vicino al bar c’era già un gruppetto di persone che discuteva allegramente, come se da lì a poco si dovesse celebrare una festa o un evento mondano. Eppure, appunto, non si trattava di un evento come un altro, perché ieri Arcigay ha perso uno dei suoi circoli più importanti: quello di Perugia.
Uno dei circoli più importanti per almeno due ragioni: il numero di iscritti e iscritte, che fa di Omphalos il secondo dopo il Cassero; il suo impatto sul territorio, che ne fa una delle realtà più vive nel panorama Lgbt+ italiano. Vitalità ampiamente rivendicata nella relazione di fine mandato, letta ieri di fronte all’assemblea lì riunita. E proprio in nome di tale consapevolezza, si è consumato lo strappo tra centro e “periferia”, tra nazionale e realtà locale. Uno strappo che era nell’aria già da diverso tempo, dopo il congresso torinese dello scorso anno. E che adesso si è ufficializzato, con il voto di ieri.
Un voto che non ha raccolto l’unanimità, come è naturale in casi come questo. Ma che ha trovato largo consenso dentro l’associazione stessa. Quasi i due terzi dei convenuti (46 voti) ha votato per il leave da Arcigay. Il restante terzo si è equamente diviso a metà, tra chi voleva comunque rimanere sotto l’ombrello (12 voti) del “cavallo alato” e chi, invece, ha preferito astenersi (sempre 12). Le ragioni di questo nuovo corso sono emerse durante il dibattito e durante la stessa relazione dal tavolo dei lavori. Per chi ha votato la disaffiliazione, Arcigay è un’associazione che non riesce più ad essere soggetto trainante nella politica italiana. Anzi, è vista come una realtà al traino di partiti che, purtroppo, spesso trovano soluzioni per l’agenda Lgbt+ non all’altezza delle richieste e della dignità della nostra comunità. Non solo: «Arcigay è dunque diventato un ostacolo non solo per il ruolo critico e propositivo che Omphalos ricopre nel movimento, ma per il movimento stesso, divenendone uno dei principali fattori di rallentamento» recita il documento stesso.
Le ragioni del no sono state esposte in un clima di grande rispetto reciproco. Varie le titubanze, dalla paura di rimanere fuori dall’accesso ai progetti, al timore di creare fratture dentro un movimento molto spesso dilaniato da guerre intestine. Eppure su questo il presidente riconfermato, Stefano Bucaioni, è stato chiarissimo: Arcigay non sarà mai vista come avversaria, bensì come alleata. E non ci sarà la volontà di creare circuiti paralleli in opposizione ad essa, ma si procederà nel tentativo di creare ponti con tutte quelle realtà, dentro e fuori il circuito stesso di Arcigay, che vogliono un new deal – se permettete un paragone – della politica associativa nel nostro paese. Politica che, evidentemente, non era più possibile fare restando affiliati.
Il dibattito è proseguito ora con compostezza, seppur nel confronto di opinioni diverse e contrastanti, ora con toni più appassionati, come quando dall’assemblea si è fatto notare che su certe questioni il nazionale non ha mai preso posizioni nette e inequivocabili: dal discorso della gestazione per altri, ai rapporti con Arcilesbica, ormai quasi definitivamente compromessi dentro la comunità Lgbt+. Dal tavolo dei lavori, ancora, è stato fatto notare che – nonostante si sapesse da novembre scorso che sarebbe stata proposta la disaffiliazione – mai nessuno dalla dirigenza si è fatto sentire nell’ultimo anno per cercare di ricucire lo strappo. Poi si è votato. E i numeri parlano chiaramente.
I numeri dicono che sebbene un terzo dell’associazione non sia stata convinta (o convinta del tutto) dal lasciare Arcigay, la stragrande maggioranza è con il presidente e con il nuovo direttivo. E proprio su quest’ultimo, quelle titubanze spariscono del tutto: Bucaioni è stato riconfermato con percentuali bulgare (73 voti su 78) e senza voti contrari. Come a dire, da parte di chi nutre qualche perplessità: non so se il percorso intrapreso è del tutto convincente, ma non ci sono dubbi su chi dovrà gestire questo passaggio. Passaggio forse doloroso, ma non più rimandabile dentro l’associazione perugina.
E diversi sono i rumors, dentro la “casa madre”. «L’uscita di Omphalos LGBTI da Arcigay apre una ferita profonda, profondissima e porta a galla tutte le enormi criticità in seno alla più grande associazione LGBT italiana» scrive Antonello Sannino, ex presidente del circolo di Napoli. Sulla stessa linea, è Daniela Lourdes Falanga: «Perdere un pezzo fondamentale di ciò che ha realizzato la Storia di Arcigay non rende vincente una parte, ne determina un’enorme sconfitta». Per Daniela Tomasino, candidata alternativa al tandem Lopopolo e Piazzoni, parla di «grosso impoverimento per un’associazione nazionale che rischia di essere sempre meno in grado di rappresentare o di fare convivere istanze differenti». Ma a fare più rumore, al momento – oltre chi ha invece criticato apertamente il congresso perugino, come Luca Trentini – c’è il silenzio proprio della dirigenza nazionale, che nulla ha detto in proposito.
Al momento non possiamo sapere la direzione che prenderà il nuovo corso aperto ieri a Perugia. Nuovo corso che, nonostante le rassicurazioni di Bucaioni, non potrà evitare una riconsiderazione dei rapporti di forza dentro il movimento Lgbt+ italiano. Soprattutto se Omphalos ha intenzione di portare avanti il dialogo costante con quelle realtà che vogliono scrivere una pagina nuova nel panorama politico. Pensiamo alla composita realtà torinese, a Famiglie Arcobaleno al Mieli e ad Arc Cagliari, per fare alcuni esempi. Di certo due cose si possono dire, sul presente. La prima, che Arcigay ha perso una delle sue realtà più produttive. La seconda: il movimento arcobaleno italiano, nonostante ciò, non ne risulta di certo più impoverito. Omphalos alla fine è lì, dove è sempre stata. Il futuro, invece, è tutto da ri-definire. Vedremo come e in che tempi.
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