Il Festival di Sanremo porta con se immancabili polemiche. Succede ogni anno. Anzi, se vogliamo dirla tutta sta proprio nel rituale della kermesse. L’abito di quell’artista, la parolaccia fuori posto nel testo della canzone, Bugo che abbandona il palcoscenico, scimmioni e “vecchie” danzanti che scandalizzano il benpensante di turno… fa parte delle regole del gioco. Una polemica ben poco “sanremese” – ma specchio dei tempi che stiamo attraversando – è, invece, quella che investe il sessismo strisciante di questa edizione. E che quest’anno si sta concentrando sulla “questione dei fiori”, consegnati solo alle partecipanti.
Parlerò della cosa riportando le parole di due donne, che hanno toccato il tema. A cominciare da Beatrice Dondi, la quale su L’Espresso così scrive: «…lo sforzo per non sbagliare si sente, è palpabile, Fiorello e Amadeus sono concentrati a non infilare la scarpa lucida nella pozzanghera del sessismo. Ma non ce la possono fare, è più forte di loro. Gli esce spontaneo, provano a reprimersi, a mordersi il labbro senza risultato alcuno. Così comincia il gran valzer dei fiori. Solo alle donne, solo alle signore bellissime ed elegantissime che quest’anno l’otto marzo è vicino e una mimosa tira l’altra».
E continua – severa, ma giusta – Dondi: «Agli uomini invece no, che non sai quanto ci viene da ridere a vedere un maschio che stringe quel mazzo colorato. Figuriamoci poi se si tratta di Ibra, che dall’alto dei suoi due metri di calciatore riceve con un imbarazzo ai limiti del rumoroso quell’oggetto del mistero e Fiorello ridacchiando si giustifica: “Tanto non c’è più il genere, siamo fluidi“. E tutti in campo a tirare due calci al pallone, per recuperare l’attimo di cedimento». Farebbe quasi tenerezza, se non stessimo assistendo al solito e impietoso teatrino maschilista.
E torna sul sessismo sanremese anche Benedetta Perilli in un suo articolo su La Repubblica. La giornalista fa notare: «…il Festival è scivolato anche sulla consegna dei fiori alle sole donne, pratica costruita su stereotipi di genere ormai superati, che è stata interrotta da Francesca Michielin. La cantante, in gara con Fedez, ha passato nelle mani del collega il bouquet appena ricevuto da Amadeus dicendo: “Stasera i fiori vanno a lui”. E così hanno fatto anche Victoria dei Maneskin, passando i fiori a Manuel Agnelli, e Arisa, che li ha offerti a Michele Bravi». Una vera e propria “rivolta”, insomma. Cominciata già la prima serata, con La rappresentante di lista che ha diviso il suo omaggio floreale con tutta la sua band, Dario Mangiaracina incluso.
Insomma, la conduzione del Festival di Sanremo sembra rimasta ferma, nei modi e nei toni, alla prima metà del ‘900. Il messaggio che passa è: i fiori sono roba da donne. È questo il leit motiv taciuto, ma evidentissimo, messo in campo per proteggere una certa idea di virilità. O, meglio ancora, per proteggere una mascolinità (sempre tossica) che però, con ogni evidenza, può essere facilmente messa in crisi anche da un solo petalo di un bouquet. Povero maschio italico, verrebbe da dire. A pensarla come loro, dico. E invece non ci si può che schierare dalla parte di chi si ribella a certi stereotipi, di cui non si sente alcuna necessità. Fosse non altro per una questione di civiltà. Di una civiltà in evoluzione.
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