Una notizia che ci addolora profondamente, la morte di Luis Sepulveda. Non solo perché il coronavirus si è portato via un grande scrittore che il coronavirus, rendendo più povere e più solitarie le nostre vite. Come se ce ne fosse bisogno. Non abbiamo potuto fare a meno di amare Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, in cui si parla di una famiglia non convenzionale – formata addirittura da appartenenti a specie diverse – basata sull’amore e sul rispetto reciproco di chi la compone.
Il vuoto che lascia è anche, e forse soprattutto, militante e politico. Perché va via un uomo dai grandi principi e valori: l’ambientalismo, il dialogo tra le diversità, il pacifismo e l’animalismo. Ma non solo. Sepulveda, infatti, si è detto favorevole anche all’adozione da parte di single e coppie di persone dello stesso sesso: «Sono apertamente favorevole» dichiarò durante un’intervista, nel 2013. «Credo che quando una persona o due persone hanno la capacità di dimostrare amore e responsabilità, non vedo perché non hanno il diritto dell’adozione di un bambino».
Quello che forse è il suo romanzo più famoso è stato scritto in onore del suo gatto. Dopo la sua morte, a cui dedicò queste parole: «A Zorba sarà fatta un’iniezione che lo addormenterà. Che in sogno lo porterà in un mondo senza cani e senza neve, pieno di tetti grandi e soleggiati, di alberi infiniti. E lui, dalla cima di uno di questi, ci guarderà, per ricordarci che mai si dimenticherà di noi. È notte, mentre scrivo; Zorba, che respira appena, riposa ai miei piedi. Il suo mantello splende sotto la luce della lampada. Nelle mani, mentre lo accarezzo, tanta tristezza e un senso di impotenza. Egli è testimone di tante pagine. Ha condiviso con me la solitudine e il gran vuoto che ti arrivano addosso dopo aver messo il punto conclusivo a un romanzo. Gli ho recitato i miei dubbi e le poesie che penso di scrivere, un giorno. Zorba. Domani, per amore, ti perderò, grande compagno».
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