Il Tribunale di Perugia ha dato ragione al piccolo Joan, alle sue mamme e ad Omphalos e Rete Lenford che in questi mesi hanno supportato la loro causa. Ora il Comune di Perugia sarà costretto a trascrivere il certificato di nascita integralmente, riconoscendo, cioè, entrambe le mamme del bambino.
La vicenda è nota e va avanti da più di un anno. Il piccolo, nato in Spagna, è figlio di due donne perugine come certificato dall’atto di nascita spagnolo. Ma quando le due donne hanno chiesto la trascrizione del certificato, per dare al piccolo la cittadinanza italiana (quella spagnola non può averla perché lì non vige lo ius soli), l’amministrazione guidata da Andrea Romizi si era rifiutata. Il sindaco non solo aveva detto no alla trascrizione integrale, ma non aveva concesso neanche quella parziale con l’indicazione della mamma che ha partorito il bambino. Joan è rimasto così per molti mesi un apolide, impossibilitato a lasciare la Spagna perché privo di documenti e di una identità.
A niente erano servite interrogazioni parlamentari, indicazioni dell’avvocatura del comune a procedere e mozioni votate in consiglio comunale dalla stessa maggioranza che sostiene il sindaco.
Le due donne, quindi, rappresentate dagli avvocati Vincenzo Miri e Martina Colomasi di Rete Lenford, avevano fatto ricorso in Tribunale. Intanto la questione era diventata politica e a fianco delle mamme e del bambino si era schierata l’associazione Omphalos Lgbti. Una posizione non indolore.
“Scegliere di sostenere la battaglia per i diritti del piccolo Joan – dichiara a Gaypost.it il presidente Stefano Bucaioni – ci è costato l’ostilità dell’amministrazione secondo cui abbiamo troppo alzato la voce e siamo entrati a gamba tesa nella vicenda accusando il sindaco di essere retrogrado. Il sindaco ha anche tolto il patrocinio al Perugia Pride Village dello scorso anno, a seguito della vicenda, usando come alibi la polemica su una locandina giudicata blasfema. Ma l’associazione ha proseguito e proseguirà la propria azione sempre senza paura e a testa alta, sicura di essere dalla parte giusta della storia”.
“Ora Romizi chieda scusa – prosegue a Bucaioni -. Non a noi. Ma a Joan, alle sue mamme e a tutta la città che è ha fatto la figura di un posto incivile che ha tenuto un bambino innocente senza documenti e senza identità per 12 mesi”.
Solo a dicembre scorso, dopo avere interpellato il Ministero dell’Interno, Romizi aveva disposto la trascrizione parziale (cioè con una sola mamma) dell’atto di nascita.
Adesso, però, sarà costretto a rettificare la trascrizione e a riconoscere entrambe le mamme ed entrambi i cognomi di Joan.
“Stiamo preparando un comitato d’accoglienza – conclude Bucaioni – per Joan e per le sue mamme, perché sentano di essere finalmente benvenuti a Perugia”.
“Siamo soddisfatti del risultato ottenuto ed effettivamente non ci aspettavamo nulla di diverso – commenta a Gaypost.it l’avvocata Martina Colomasi -. La trascrizione dell’atto di nascita di un minore figlio di due madri, formato validamente all’estero, non è contrario all’ordine pubblico internazionale”.
“La Corte, però – continua la legale -, non si limita a disporre la trascrizione, ma affronta coraggiosamente la questione dell’omogenitorialità affermando testualmente che “se l’unione tra persone dello stesso sesso è una formazione sociale dove la persona svolge la sua personalità e se quella dei componenti della coppia di diventare genitori e di formare una famiglia costituisce espressione della libertà di autodeterminarsi, come affermato dalla Corte Costituzionale, allora deve escludersi che esista a livello costituzionale un divieto per le coppie dello stesso sesso di accogliere e generare figli”.”
“Il Collegio riconosce l’esistenza di un progetto familiare dal quale è venuto al mondo Joan – prosegue Colomasi – e afferma espressamente che l’essere stato desiderato e poi generato da quella coppia di genitori è parte irriducibile della sua identità personale”. “Purtroppo ancora oggi – conclude – i cittadini italiani sono costretti a ricorrere al giudice per vedere riconosciuti i loro diritti assumendosi, nonostante la giurisprudenza favorevole che si sta via via formando, i rischi di procedimenti giudiziari dagli esiti incerti. Solo un intervento legislativo può porre un freno a questa situazione di precarietà”.
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