Il suo racconto ruota attorno alle sue scarpe appena comprate macchiate del sangue innocente di vittime e feriti. Ecco quello che porterà con se per sempre, dopo la strage di Orlando.
Queste sono le scarpe da lavoro che ho indossato sabato notte. Sono praticamente nuove, non hanno nemmeno una settimana. Su queste scarpe, tra le loro fibre, c’è il sangue di 54 persone innocenti. Non so chi di loro fosse etero, chi gay, chi fosse nero o latino. Quello che so è che sono venuti da noi uno dopo l’altro, un’ondata di sofferenza, urla e morte. E molti, in quel caos, dai dottori alla polizia fino ai paramedici, si sono presi cura di loro. Questo sangue, che è uscito da tutti quei pazienti ed è finito sulle mie scarpe, rimarrà con me per sempre. In quelle strisce rosse continuerò a vedere le loro facce e i volti di chi in quelle ore buie ha dato tutto per salvarli. C’è ancora molto lavoro da fare. Un lavoro di questo tipo non finisce mai. Io continuerò a farlo indossando queste scarpe. E quando l’ultimo dei pazienti lascerà l’ospedale, le toglierò e le lascerò nel mio ufficio. Voglio vederle ogni giorno che andrò al lavoro. Per ricordare quel 12 giugno, il giorno in cui la malvagità umana ha raggiunto il suo picco. Nello stesso giorno ho visto il meglio dell’umanità combattere per sconfiggerla. Non dimenticherò mai quella notte.
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