I familiari di alcune delle vittime della strage di Orlando hanno presentato una denuncia civile federale contro Facebook, Twitter e Google accusando i tre giganti del mondo dei social network di avere aiutato l’Isis a diffondere la sua propaganda fornendo account sulle relative piattafore (Google è stata tirata in causa per YouTube).
Nella denuncia sporta si legge che “senza Twitter, Facebook e Google (YouTube), la crescita esplosiva dell’ISIS negli ultimi anni nel più temibile grupo terroristico al mondo, non sarebbe stata possibile“.
Come ricorderete, quella notte Omar Mateen, una guardia privata di 29 anni, entrò armato dentro il Pulse e cominciò a fare fuoco uccidendo 49 persone e ferendone altre 53. Lui stesso venne ucciso dai militari della SWAT intervenuti sul posto. Sebbene l’Isis abbia rivendicato l’attentato, le indagini hanno dimostrato che Mateen non era organico all’organnizzazione terroristica, ma si era radicalizzato autonomamente.
L’accusa si basa sul Communications Decency Act, una legge del 1996, contestandola. La norma stabilisce infatti che operatori del web, come i tre chiamati in causa dalle famiglie delle vittime di Orlando, non sono responsabili per ciò che viene pubblicato dagli utenti sulle loro piattaforme. Ed è appoggindosi a questa legge che i social media sono stati, finora, ritenuti non copevoli per icontenuti diffusi tramite gli strumenti messi da loro a disposizione.
Se i giudici dovessero dare ragione alle famiglie, lo scenario del social media potrebbe cambiare radicalmente.
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