Con l’approvazione della legge sulle unioni civili, lo scorso anno, il “caso Italia” è chiuso. Lo ha stabilito il Consiglio d’Europa che ha chiuso il fascicolo che riguardava il nostro Paese, aperto dopo la sentenza della Corteo Europea dei Diritti dell’Uomo che ci condannava per l’assenza di una legge che tutelasse le coppie gay e lesbiche.
La sentenza, che risale a luglio del 2015, riguardava tre casi di altrettante coppie gay che si erano rivolte alla Corte di Strasburgo. I giudici avevano stabilito che l’Italia violava i loro diritti dato che “la protezione legale disponibile a coppie dello stesso sesso non solo non garantisce i bisogni fondamentali per una coppia che sia in una relazione stabile, ma non dà neanche sufficienti certezze”.
Per questo la Corte aveva stabilito che l’Italia dovesse correre ai ripari e approvare uno strumento che riconoscesse legalmente le coppie dello stesso sesso.
Per il Consiglio d’Europa (che non è un organo dell’Unione Europea e si occupa di verificare l’attuazione delle sentenze della Cedu) la legge sulle unioni civili risponde a questa richiesta. Per il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, l’Italia ha “adottato un quadro legislativo che garantisce il riconoscimento e la protezione delle coppie dello stesso sesso legate da una relazione stabile attraverso l’unione civile”.
In conseguenza di questa constatazione, dunque, il “caso Italia” è chiuso.
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