Il sindaco di Bologna Virginio Merola ha fatto sapere che è pronto a permettere alle coppie di donne in attesa di un figlio il riconoscimento prima della nascita.
La questione riguarda la madre non biologica del nascituro e il cosiddetto “riconoscimento in pancia” è previsto dalla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita.
In sostanza, quello che la legge in questione identifica solo come il padre (dato che è prevista solo per le coppie etero) permette di andare all’anagrafe e dichiarare prima della nascita che quel bambino è figlio dell’uomo che si presenta.
Per farlo, basta avere con sé il consenso informato che la clinica rilascia al momento dell’inseminazione artificiale.
Nel documento, di fatto, il futuro padre si assume già tutte le responsabilità genitoriali del figlio che verrà al mondo grazie alla pma. Lo stesso documento firmano, nelle cliniche estere, le mamme che insieme alle proprie compagne accedono alle stesse tecniche di procreazione assistita.
Ma c’è di più. Il cosiddetto “riconoscimento in pancia” è previsto da prima della legge 40. Riguarda, ad esempio, le coppie non sposate o le donne che sono rimaste incinte dopo rapporti con uomini che non sono i loro partner fissi, ma che vogliono comunqe assumersi la responsabilità genitoriale.
“Abbiamo già firmato atti di nascita di bimbi con due mamme – ha dichiarato al Corriere di Bologna l’assessora Susanna Zaccaria -. Il fatto che il riconoscimento avvenga prima o dopo la nascita non cambia le cose”.
Non mancano le polemiche. Il primo a farne un caso di scontro politico è il coordinatore bolognese di Fratelli d’Italia Lorenzo Tomassini. “Se il sindaco firmasse verrebbero azzerate le leggi, il Parlamento e la biologia – tuona -. Si determinerebbe una genitorialità a prescindere da qualsiasi coinvolgimento biologico o percorso di accertamento dell’idoneità genitoriale”. Un percorso che, come spiegato prima, non è richiesto alle coppie eterosessuali.
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