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6 casi di violenza in una settimana: la denuncia di Arcigay Palermo

«Due aggressioni in centro storico, due persone allontanate da casa dalle stesse famiglie e due casi di violenza domestica» e tutto in una settimana. È questa la denuncia di Arcigay Palermo, che sottolinea «un aumento del clima di violenza omobitransfobica nel capoluogo» così come «l’importanza di risposte immediate e concrete da parte delle istituzioni».

Un caso di violenza al giorno

Le dichiarazioni di Marco Ghezzi, presidente dell’associazione palermitana, non sono affatto incoraggianti: «Con il ritmo di una segnalazione al giorno, questa settimana è stata la più nera degli ultimi anni». Per Ghezzi, «è importante considerare la visione di insieme: le segnalazioni di aggressioni omolesbobitransfobiche, di abusi e rifiuti da parte dei familiari a Palermo non sono casi isolati ma parte del terribile clima che ha dato come frutti i fatti che nelle ultime settimane hanno imposto una riflessione a tutta Italia. Casi che ci restituiscono un’idea chiara e allarmante dell’emergenza che stiamo vivendo».

Tra covid-19 e stallo sulla legge Zan

Marco Ghezzi

Arcigay Palermo denuncia ancora la situazione di stallo del Parlamento sulla legge Zan. Si è consapevoli, continua Ghezzi, che c’è il problema del covid-19, ma le due crisi – l’emergenza sulle violenze contro le persone Lgbt+ e la pandemia – devono essere cogestite: «Ci aspettiamo che la situazione venga trattata come emergenza perché due crisi, sanitaria e sociale, non si annullano tra loro ma si sommano producendo enormi danni a tutta la collettività».

Intervenire a livello locale e nazionale

«È evidente che anche tra i cittadini e le cittadine di Palermo si stia facendo largo una mentalità tossica e violenta già presente nel resto di Italia» dichiara ancora Ghezzi «per questo è con urgenza che chiediamo all’amministrazione regionale e comunale risposte immediate e azioni concrete». E non solo gli enti locali: «È il momento di agire, a livello nazionale, con l’approvazione di una legge contro omofobia, bifobia, lesbofobia, transfobia, misoginia». Mentre, a livello locale, occorre attivare «percorsi di formazioni negli uffici pubblici, iniziative di sensibilizzazione e contrasto all’odio nelle scuole e creando servizi che siano in grado di dare risposte concrete a chi ne è vittima».

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