Politica&diritti

No, onorevole Scalfarotto: la sua famiglia e quella di Crozza non sono ancora uguali

È di poche ore fa un articolo sull’Unita.tv, intitolato «Crozza: “Cosa rimane del governo Renzi?”. La risposta di Scalfarotto (con sms) è straordinaria». Nel pezzo si può leggere: «“Del governo Renzi cosa è rimasto?”, si chiedeva Maurizio Crozza in un lungo monologo dal palco di Sanremo». L’intervento del comico non deve essere piaciuto molto al giornale renziano, se dopo tre giorni stanno ancora lì a rimuginare. Ed evidentemente non finisce qui, se per rispondergli si mobilita addirittura Ivan Scalfarotto.

L’SMS di Scalfarotto

L’SMS a Crozza

Il sottosegretario, infatti, ha inviato un sms in cui possiamo leggere: «Ho una risposta al tuo interrogativo di ieri a Sanremo, caro Maurizio: in primavera mi sposo. A quel punto la mia famiglia e la tua saranno uguali in diritti, dignità e libertà. E lo saremo quindi anche io e te. Se anche del governo Renzi non fosse rimasto nient’altro, e non è così, sarebbe già da sola una cosa rivoluzionaria. Si chiama uguaglianza: prima non c’era, ora c’è. Per il prossimo monologo. Un abbraccio, Ivan».

Mi sento in dovere, a questo punto, di spiegare all’onorevole e ai suoi numerosi fan che hanno accolto con entusiasmo la pubblicazione del messaggio su Facebook, perché quelle parole sono un attimo al di fuori della realtà delle cose. Procedendo per punti.

In Italia i gay non possono sposarsi

1. L’onorevole Scalfarotto non può sposarsi, almeno nel nostro paese. Può, semmai, unirsi civilmente. Ciò dipende dal fatto che per le persone dello stesso sesso è prevista una legge ad hoc, escludendole di fatto dall’accesso al matrimonio.

La legge Cirinnà non considera “famiglie” le coppie gay

2. La situazione affettiva di Scalfarotto non può essere definita famiglia, bensì “formazione sociale specifica”. Ciò si deve a frange del suo partito – i cosiddetti cattodem – che hanno preteso tale differenza nel testo della legge. Sarà un dettaglio tecnico, mi racconteranno i supporter del renzismo, ma istituzionalizza una discriminazione tra coppie gay e coppie etero, anche culturale oltre che giuridica. A cominciare dal nome.

Scalfarotto non può adottare, Crozza sì

3. La famiglia di Scalfarotto non sarà uguale a quella di Crozza, ma simile: una quasi famiglia. In termini giuridici, ovviamente. Come piace ai già citati cattodem, appunto. Scalfarotto infatti non potrà adottare, Crozza sì. Se Crozza domani vorrà sposare una donna che ha già un figlio, potrà accedere alla stepchild adoption. Scalfarotto per fare la stessa cosa dovrà sperare nell’intelligenza giuridica di una corte. E non è detto che le cose, in questo ambito, vadano sempre bene.

La legge Cirinnà non tutela i bambini delle coppie gay

4. La famiglia di Scalfarotto non godrà in egual misura degli stessi “diritti, dignità e libertà”. Lo sanno le coppie omogenitoriali dove il genitore sociale non ha la libertà di portare con sé il proprio figlio in aereo, in vacanza, o con sé in caso di emergenza, se quello naturale non c’è. Giusto per fare un esempio. I diritti, infatti, non sono gli stessi. E quando alcuni diritti valgono per tutti e altri per pochi, si passa nel campo dei privilegi. Questa non è la condizione su cui basare il concetto di dignità.

La legge Cirinnà non sancisce l’uguaglianza

5. Quella che, infine, Scalfarotto chiama “eguaglianza” in lingua italiana dovrebbe essere rinominata come equivalenzaPer spiegare questa distinzione, immaginate che sia vostro diritto avere un certo quantitativo d’oro, corrispondente a un certo valore. E invece, vi danno un diverso quantitativo di metallo meno pregiato, per raggiungere tuttavia lo stesso valore. Con le unioni civili hanno fatto più o meno la stessa cosa. Uguaglianza, in altri termini, significa poter salire nello stesso autobus e prendere lo stesso posto riservato ai bianchi. Rosa Parks – Scalfarotto dovrebbe saperlo, visto che la cita spesso – ci ha insegnato questo. Non significa avere un mezzo che fa lo stesso tragitto ma in cui possono salire solo certe categorie di persone.

Nel segno dell’uguaglianza

Dopo di che, ciò non toglie che si possa essere felici anche per l’unione civile del sottosegretario. Ma credo che lo saremmo stati maggiormente, tutti e tutte, se Scalfarotto avesse potuto scrivere quel messaggio – che di straordinario ha solo la capacità di stravolgere i fatti – senza che qualcuno gli ricordasse, un giorno, che si basa forse più sulla fedeltà al partito di riferimento e all’uomo che ne ha fatto la fortuna politica, che a una piena adesione alla realtà. In attesa di tempi migliori, ad ogni modo, ci auguriamo – e su questo si può essere d’accordo – che la vita coniugale dell’onorevole sia felice e ricca, come quella di qualsiasi coppia eterosessuale. Nel segno della piena uguaglianza.

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