Penso che più o meno tutte e tutti abbiamo letto dell’episodio avvenuto pochi giorni fa all’Auditorium della Musica di Roma: alla fine dello spettacolo con orchestra dal vivo ispirato al cartone animato “Frozen” il direttore d’orchestra mentre le famiglie uscivano ha preso il microfono per dire: “Comunque Babbo Natale non esiste”. Cinque parole soltanto, ma come macigni considerata la platea presente in sala.
Dico solo che il gesto del direttore d’orchestra è stato a mio modesto avviso deprecabile, vigliacco, assolutamente gratuito.
Aggiungo pure, però, che non condivido allo stesso modo gli attacchi feroci che questa persona ha subito e subisce ancora da giorni, tanto da essere stato licenziato dall’Auditorium e ad annullare la sua presenza in altri concerti.
Mettendomi nei panni dei genitori presenti capisco lo spiazzamento, la rabbia… cosa avrei fatto al loro posto?
Be’, probabilmente anche io avrei scritto delle lamentele all’Auditorium chiedendo che il direttore venisse non tanto licenziato e umiliato pubblicamente, ma piuttosto suggerendo che non prendesse più parte ad eventi con un pubblico di bambini, non avendo evidentemente il tatto e l’empatia necessari.
È facile, diventando adulti, dimenticare l’importanza che la fantasia e l’immaginazione hanno per un bambino (ma non solo).
Far credere ai propri figli che Babbo Natale esiste non è dire loro una bugia, ma piuttosto fornire loro degli strumenti per comprendere la realtà stessa. Babbo Natale esiste così come esistono Pinocchio, o Pocahontas, o qualunque altro personaggio di fantasia con un carico di valori che si vuole trasmettere, non ultimo – e anzi fra i più importanti – il diritto di sognare e lasciare viaggiare lontano la fantasia di un bambino.
Lo so che esistono persino studi recenti che dicono che lasciar credere ai bambini che esista Babbo Natale è un danno (ma per fortuna ne esistono decine di altri che dicono il contrario), ma tutte e tutti noi siamo più o meno cresciuti
L’episodio del direttore d’orchestra mi preoccupa non tanto in sé, ma per una scelta che la società sembra voler fare sempre di più sui nostri figli: renderli adulti fin dai primi anni di vita… nei vestiti, nei consumi, nelle abitudini… rubando la loro fanciullezza, costringendoli da subito ad affrontare il reale come fossero già grandi.
In più questo episodio è l’ennesima riprova di quello che dicevo poche settimane fa sui locali no-kids: stiamo disimparando ad essere tolleranti, empatici, a metterci nei panni degli altri.
Smettiamola vi prego, almeno con le bambine e i bambini: lasciamoli sognare, ancora un pochino, facciamoli viaggiare con la fantasia!
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