“Tavolo 86 – ciccione”. C’era scritto così sul preconto che sabato scorso tre ragazze e un ragazzo si sono visti arrivare al tavolo di un ristorante romano, quando hanno chiesto il conto. Quando una delle commensali e il ragazzo sono andati a pagare, lui ha fatto notare la cosa all’uomo che era alla cassa. “Le ragazze ci sono rimaste male – ha detto il ragazzo cerchiando “ciccone” con la penna -: ci puoi spiegare?”. Secondo il racconto fatto a Gaypost.it da Elisa Barbolini, che era andata a pagare con l’amico, nessuna spiegazione è stata data. “Il tizio ha ridacchiato, ha fatto lo scontrino fiscale, ha preso velocemente il preconto dalla mano del mio amico e l’ha accartocciato senza dire niente”. Non una parola di scuse o di spiegazione, secondo la versione di Elisa.
Elisa ha pubblicato la foto del preconto sul suo profilo Facebook denunciando l’accaduto e il gesto di body shaming subito da lei e dalle sue amiche. Il post è stato condiviso decine di volte e qualcuno ha fatto notare che quel “ciccione” potrebbe essere identificativo del cameriere che ha servito e non alle commensali.
“Siamo arrivate prima noi tre ragazze – racconta Elisa Barbolini a Gaypost.it – e abbiamo iniziato ad ordinare. Dopo circa un quarto d’ora ci ha raggiunte un amico”. Elisa racconta anche che nell’arco del pasto sono stati quattro o cinque i camerieri a servirle. “Quale di questi dovrebbe identificare quel nick – si chiede -? E anche se fosse, se un cliente viene alla cassa e ti fa notare che quella scritta ha ferito delle clienti, se davvero è un fraintendimento magari ti scusi e lo spieghi. Invece ce ne siamo andate pensando che si riferisse a noi tre e sapendo che alla richiesta di spiegazioni l’uomo dietro alla cassa ha ridacchiato”.
In tanti in queste ore stanno lasciando recensioni negative sulla pagina Facebook del ristorante “ma la mia recensione è sparita – conclude Elisa – e anche la foto del preconto che avevo pubblicato sulla loro bacheca”.
“Ma le pare che potremmo mai usare nomi del genere per i nostri clienti?” risponde Stefano, che si qualifica al telefono come colui che ieri era proprio alla cassa. Riconosce, dunque, che non è una definizione lusinghiera, ma precisa che è il nomignolo assegnato ad uno dei camerieri. “Quello è il soprannome di un nostro operatore – continua -, ne abbiamo anche altri. Se viene al ristorante le faccio vedere che sui tablet degli operatori ognuno ha il suo soprannome: c’è “ciccione”, c’è “maschio”, c’è “bello”. Non è certo riferito ai clienti dei tavoli”.
Stefano racconta anche che se qualcuno chiede spiegazioni alla cassa, loro le danno sempre. “Quando un cliente ci chiede delle spiegazioni le diamo – dice a Gaypost.it -. Ho spiegato che si tratta dell’operatore”.
“Saremo sordi in due – ribatte Elisa -, perché né io né il mio amico abbiamo sentito alcuna spiegazione”.
Queste le due versioni della vicenda. Un fraintendimento, a quanto pare, evitabile semplicemente usando nomi non offensivi (che si tratti dei clienti o dei dipendenti, poco importa) da mettere sugli scontrini.
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