Come Gaypost.it vi ha già raccontato, la situazione per le persone lgbt in Egitto è sempre più pericolosa e difficile. Ma le cose sono anche più gravi di quanto si pensi. Sono centinaia le persone arrestate e perseguitate. 57, solo nell’ultimo periodo, fanno sapere gli attivisti locali che hanno lanciato un appello alle associazioni internazionali. Di queste, 9 sono le persone condannate al carcere, 35 quelle sotto procedimento giudiziario, 2 gli indagati e 11 persone date per disperse. “Da quando è al potere Sisi – fa sapere Il Grande Colibrì che ha raccolto l’appello insieme al Coordinamento Arcobaleno di Milano e all’associazione Cagne Sciolte di Roma – circa 300 persone LGBTQ sono state vittime di arresti, torture o attacchi”.
“La persecuzione delle autorità egiziane contro le minoranze sessuali è sempre più feroce e assurda, come ha confermato la recente ondata di arresti avvenuti dopo il semplice sventolamento di una bandiera arcobaleno durante un concerto dei Mashrou’ Leila – si legge in una nota del Coordinamento Arcobaleno -. Saremo in piazza per
chiedere allo stato egiziano di rispettare i diritti di tutte le sue cittadine e di tutti i suoi cittadini, di proteggere la loro sicurezza e di garantire la loro libertà di parola e di espressione, come peraltro stabilito dalla costituzione egiziana e dalle convenzioni internazionali”. Secondo gli attivisti, “l’uso della repressione transfobica e omofobica” è uno “strumento per distrarre l’opinione pubblica dai fallimenti e dagli abusi delle autorità”.
L’appello è rivolto anche ai media egiziani ai quali si chiede di “cessare le campagne di odio nei confronti delle minoranze sessuali, descritte su giornali e TV come “pervertite” o “sataniche” – continua la nota -. Denunciamo l’abbandono dei minimi standard professionali, che ha trasformato i mezzi di informazione in megafoni dell’ignoranza e della paura”. “Chiediamo allo stato italiano – continua la nota – di porre fine alla vendita di armi e munizioni all’Egitto e agli altri regimi che perseguitano una parte della propria popolazione”. Le associazioni ricordano anche che “nonostante la stessa Unione Europea abbia rilevato più volte il pericolo che tali armi e munizioni siano usati “a fini di repressione interna”, la loro vendita è stata in crescita persino quando l’ambasciatore italiano al Cairo era stato richiamato a Roma”.
Infine, un appello anche sul fronte degli scambi economici per cui si chiede che “a regimi criminali che abusano dei diritti dei loro cittadini non si offrano fondi come quelli che l’ENI porta in Egitto per lo sfruttamento di giacimenti di petrolio e gas naturali, che rappresentano la principale fonte di sostentamento della repressione portata avanti da questi governi”.
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