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Lapo Elkann, “il trans” e il rischio del luogo comune che ci riguarda tutte e tutti

La notizia è di oggi, l’avrete letta tutti: Lapo Elkan, rampollo di casa Agnelli, è stato arrestato e poi rilasciato a New York per avere simulato il proprio rapimento al fine di farsi mandare 10 mila euro (tanto era il fantomatico riscatto) dalla famiglia dato che, dopo una notte brava a base di droga, aveva esaurito tutto il contante. Ognuno e ognuna può giudicare la notizia come meglio crede e non è nostro intento parlare del fatto in sé che si ascrive alla categoria del gossip. Quello che, però, ci ha colpiti è il modo in cui i media italiani hanno riportato la notizia e le reazioni sui social network.

LA NOTIZIA SUI MEDIA ITALIANI

L’Ansa cita come fonti tre siti statunitensi (New York Daily News, Daily Beast e Hollywood Reporter) e scrive, letteralmente, che Elkann è arrivato a New York in occasione del Giorno del Ringraziamento “contattando un escort di 29 anni (una donna transgender, secondo il New York Daily News) e trascorrendo con lui due giorni di eccessi tra alcol e droga (marijuana e cocaina)”. Era un escort (quindi un uomo) o una donna transgender (e in quel caso si sarebbe dovuto usare il femminile in tutta la frase)? La maggior parte dei quotidiani nazionali riprendono la notizia. Nella prima versione dell’articolo di Repubblica si leggeva “una trans”. Il pezzo viene però poi modificato nella versione attualmente leggibile sul sito e tutto è declinato al maschile. La Stampa di Torino cerca di addrizzare il tiro e, riprendendo il lancio dell’Ansa scrive “una escort di 29 anni (una donna transgender, secondo il New York Daily News) e trascorrendo con lei due giorni di eccessi tra alcol e droga (marijuana e cocaina)”. Scivola però sulla fine dell’articolo in cui si legge: “nel 2005 fu salvato in extremis da una overdose di droga in un appartamento di Torino dopo una notte brava in compagnia di un transessuale” (anche qui, copiando l’Ansa). Il caso del 2005 è ormai noto e si trattava di una donna trans.

LA REAZIONE DEI LETTORI SUI SOCIAL NETWORK

Su Twitter e su Facebook molti utenti (anche chi scrive, ahimè) che hanno letto la notizia sono insorti contro i giornalisti per l’uso del maschile riferito a quella che si suppone essere una donna trans.

Lapo Elkann e Shermine Shahrivar

Comprensibilmente, a dire il vero, perché è un’annosa questione quella della concordanza del genere con cui si parla delle persone trans sui media e quello sentito effettivamente da queste persone. È rarissimo, infatti, trovare l’uso del femminile quando si parla di una trans. Ed è quello che succede, in effetti, in tutti gli articoli quando rievocano i fatti del 2005.

LA NOTIZIA SULLE FONTI STATUNITENSI

Il fatto è che questa volta pare che le cose stiano diversamente. Incuriositi da come avessero riportato la notizia i media statunitensi, siamo andati a cercare le fonti citate dall’Ansa. Si dà il caso che una, l’Hollywood Reporter, parli semplicemente di “escort” (in inglese, com’è noto, non esitono il femminile e il maschile quindi in mancanza della specifica “male” o “female” non è facile capire), un’altra, il The Daily Beast, scriva espressamente “male escort” (cioè un sex worker uomo), la terza, il New York Daily News, sia l’unica a parlare di “transgender woman” (donna transgender). Tre articoli tutti discordanti. A questo punto ci rivolgiamo ad una delle fonti di riconosciuta affidabilità: l’agenzia di stampa internazionale Reuters. Ebbene, Reuters non riporta alcun dettaglio su chi fosse con Elkann quando ha deciso di simulare il rapimento. L’agenzia si limita a riferire del finto sequestro di persona e dell’accusa che ne consegue ai danni di Elkann. Tutto qui.

COS’È SUCCESSO?

E qui scattano due riflessioni. La prima riguarda l’informazione italiana: cosa cambia se con Elkann ci fosse una sex worker, un sex worker, una persona transgender o una cisgender? La notizia rimane, a nostro avviso, che ha simulato un rapimento (commettendo quindi un reato) per avere dei soldi dalla sua famiglia. Se si fosse tralasciato il dettaglio non ci sarebbe stato alcuno scivolone. Quello che deduciamo dopo avere consultato le fonti e avere fatto una breve, ulteriore ricerca, è che non sappiamo come siano andate le cose. Non sappiamo chi ci fosse con l’erede Agnelli quella notte, quindi perché avventurarsi nel conferire affidabilità certa all’unica fonte che parla di “donna transgender”, per altro riportando la notizia usando il maschile? Per quello che possiamo leggere, avrebbe potuto trattarsi di un uomo, ma volendoci affidare alla più credibile delle fonti consultate (la Reuters, appunto) non disponiamo neanche di questo dettaglio (ancora una volta, era così determinante?).

La seconda riflessione, invece, riguarda la reazione degli utenti. In molti hanno dato per scontato che la sex worker fosse una donna trans e si è fatta la corsa, quindi, a fare notare ai giornalisti l’uso del maschile invece che del femminile. A parziale discolpa va detto che probabilmente in questa percezione ha influito il fatto che non è la prima volta che il protagonista della vicenda sceglie questo tipo di compagnia per i suoi divertimenti notturni, ma anche il fatto che tutti si sono riferiti a quanto successo nel 2005 parlando di “un trans” mentre in quel caso è noto che si trattava di una donna. Sbagliato quell’articolo indeterminativo, è stato l’immediato collegamento, sbagliato anche l’altro. Comprensibile e forse giusto, se ci riferiamo a quanto scrive il New York Daily News. Ma forse scorretto: chi ha detto, infatti, che il “male prostitute” a cui si riferiscono gli altri siti non fosse effettivamente una persona che ha compiuto la transizione da donna a uomo e, quindi, un trasessuale? Certo sta ai media riportare le notizie correttamente, ma sarebbe buona pratica se tutti, non solo i giornalisti, ci preoccupassimo di verificare le cose che leggiamo. Perché sebbene animati dalle migliori intenzioni, il rischio di affidarsi ad un luogo comune è dietro l’angolo.

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