Sabato scorso, 14 aprile, era arrivata la notizia che il social network cinese Weibo avrebbe censurato la parola “gay” dai post degli utenti, impedendone la pubblicazione. Ma le proteste di milioni di persone hanno costretto l’azienda a fare marcia indietro.
L’equivalente cinese di Facebook (che nel paese della Grande Muraglia è inaccessibile, come altre piattaforme) aveva annunciato le nuove regole secondo cui sarebbero stati vietati contenuti “con implicazioni pornografiche, che promuovono la violenza fisica o che hanno a che fare con l’omosessualità”.
La motivazione addotta era l’adeguamento alle nuove leggi sui contenuti sul web che classificano l’omosessualità come “comportamento anormale”. Ma milioni di utenti hanno cominciato a pubblicare post con l’hashtag #IoSonoGay che in pochi minuti è entrato nei trend topic.
Dopo le minacce di boicottaggio da una parte consistente degli utenti del sito, l’azienda sembra avere deciso di tornare sui suoi passi. Oggi il sito ha annunciato che non censurerà i contenuti che parlano di omosessualità o che contengono la parola “gay”.
“La pulizia non riguarderà più i contenuti omosessuali – ha comunicato Weibo – ed è soprattutto mirato a ciò che riguarda la pornografia e la violenza. Grazie per la vostra discussione e i suggerimenti”.
Ad essere cancellati, ha detto l’azienda, saranno anche i “cartoni e i video che promuovono la violenza fisica” e “giochi violenti con contenuti grafici” tra cui Grand Theft Auto.
Da tempo la comunità lgbt cinese subisce censure sul web e non solo. Era già successo lo scorso anno con alcuni video e qualche giorno fa con la mancata proiezione del film “Chiamami col tuo nome”.
Nonostante tutto questo, la Cina sta diventando velocemente un centro nevralgico del mondo degli appuntamenti. L’app Blued ha dichiarato di essere il più grande social network per omosessuali del mondo, con oltre 27 milioni di utenti prevalentemente cinesi.
Anche Grindr è stata recentemente acquistata da un’azienda cinese dell’IT.
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