I social network sono ormai lo strumento comunicativo prediletto della maggior parte delle persone. Non esistendo però – fatte salve blande e spesso opinabili ‘condizioni d’uso’ – regole che sorveglino ciò che vi viene scritto, ci si sente spesso legittimati a scrivere qualsiasi cosa, incluso ciò che in un contesto diverso non si ripeterebbe, o per cui si sceglierebbero parole differenti. Un costume che coinvolge tutti, incluse le persone di cultura e che occupano una posizione di rilievo.
“Mario ama il proprio ornitorinco. Come ogni sentimento, anche questo merita la nostra simpatia e il nostro rispetto. E ora Mario desidera che il suo sogno d’amore sia coronato dal sacro vincolo del matrimonio. Certo, l’ornitorinco Alfredo cui Mario è devoto non è in grado di gridare al mondo il proprio amore o di annuire davanti al sindaco, ma vogliamo davvero far valere questa minorità come elemento discriminatorio? Vogliamo davvero far vincere in maniera così smaccata il pregiudizio? Sarebbe ovviamente inaccettabile richiamarsi ai limiti cognitivi ed espressivi di Alfredo per escluderlo dalla consacrazione dei propri sentimenti. Chi siamo noi per escludere Alfredo dal godimento dei propri affetti? Chi siamo noi per conoscere l’intensità dei sentimenti di Alfredo?”
E ancora :
“Chi ha detto che un bambino non possa essere felice se accudito da un uomo e un ornitorinco? Ci sono forse prove in senso contrario? Soltanto il solito serpeggiante razzismo di mentalità conservatrici può vedere in ciò qualcosa di improprio. È tempo di andare incontro alla differenza, di abbracciare la diversità, di lasciare cadere rigidità tradizionali che non hanno più ragione di esistere”.
Il professore dimostra posizioni contrarie alle unioni civili. Non una notizia, nel momento in cui ci si mantiene nel campo delle opinioni personali. Ci si domanda se un docente, che come tale deve dimostrare rispetto a tutti i suoi studenti, inclusi quelli appartenenti alla comunità LGBT, sia legittimato a usare sui social parole facilmente interpretabili come scherno, o se anche le pagine di Facebook debbano sottostare – come affermano alcuni colleghi – alle stesse regole cui un docente deve sottostare quando parla dalla cattedra.
Di certo, queste parole hanno offeso molti, che devono aver risposto al professore con toni ingiuriosi da cui il collettivo universitario Gaystatale ha rapidamente provveduto a prendere le distanze, notando però in un comunicato come sarebbe opportuno non far entrare gli ornitorinchi in questioni “di ben altra serietà”. A stupire, però la risposta del professore a chi si è sentito offeso.
Rilancia infatti con parole che, mentre sottolineano il suo tono ironico, sembrano riecheggiare quelle di numerosi notori omofobi colti, sui cui social stanno infatti circolando da alcuni giorni. Con un tono che non ha più nulla della – presunta – ironia precedente scrive di dover rivedere le proprie posizioni. Non quelle sugli ornitorinchi, bensì quelle che lo portavano a ridere di chi parla di “lobby gay”. Chi non ha riso della sua ironia fa infatti parte, secondo il docente, di “un nuovo squadrismo, volto a far convergere milizie laddove si debba far tacere voci avverse“.
Non resta che constatare amaramente che l’umiliazione di una porzione di società, da parte anche di chi dovrebbe formarla, invocando una “libertà di parola” che tuttavia bolla le risposte come “violente” nella loro interezza, segue sempre lo stesso copione.
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