Torino, il vescovo Nosiglia: “Quel corso per coppie gay credenti non s’ha da fare”

È polemica, in questi giorni, all’ombra della Mole antonelliana. Don Gian Luca Carrega, responsabile della “Pastorale degli omosessuali” della Diocesi aveva organizzato un ciclo di incontri di formazione destinati alle coppie gay. Il tema era la fedeltà ed era rivolto alle coppie già unite civilmente. La notizia, però, secondo l’arcivescovo Nosiglia, è stata travisata dalla stampa e riportata in maniera errata facendola passare per una forma di legittimazione delle unioni civili e dell’amore tra persone dello stesso sesso. Per questo, ora, Nosiglia ha annullato tutto.

“Le unioni omosessuali sono immorali”

Perché la pastorale della chiesa, spiega l’alto prelato in un comunicato riportato da Repubblica “vuole aiutare le persone omosessuali a comprendere e realizzare pienamente il progetto di Dio su ciascuno di loro”. In nessun caso si vuole “approvare comportamenti o unioni omosessuali che restano per la Chiesa scelte moralmente inaccettabili”. Per l’arcivescovo, la responsabilità è tutta dei media che “hanno fornito, in questi giorni, interpretazioni diverse – spesso superficiali, a volte tendenziose – che rendono necessario chiarire le caratteristiche e i limiti del lavoro in questo ambito pastorale”. Invece, allora, di chiarire come stanno le cose e lasciare che il corso si svolga, Nosiglia annulla tutto.

“Situazioni dolorose”

“Si tratta di persone in ricerca – scrive l’arcivescovo parlando delle persone omosessuali -, che vivono situazioni delicate e anche dolorose, è essenziale che anche l’informazione che viene pubblicata corrisponda alla verità e a una retta comprensione di quanto viene proposto, con spirito di profonda carità evangelica e in fedeltà all’insegnamento della Chiesa in materia”.
Una decisione, quella di Nosiglia che ha provocato la reazione indignata del Coordinamento Torino Pride.

“La chiesa continua a discriminare”

Secondo il coordinatore Alessandro Battaglia, infatti, Nosiglia ha fatto una scelta che va “in una direzione univoca e banalmente piena di quella forma discriminatoria perpetrata da sempre dalle gerarchie ecclesiastiche torinesi e nazionali”.
“È altresì banalmente scontato che questa decisione sia frutto esclusivamente di polemiche e attriti tutti interni alla Chiesa stessa – si legge in una nota diffusa dal Torino Pride – che non riesce, nonostante la predicazione di presunta apertura e accoglienza, a trovare una sintesi tra l’amore e l’accoglienza predicata dalle Scritture (e quindi da Dio) e i continui e biechi insulti verso una comunità che con grandi difficoltà tenta di aprire sempre nuove forme di dialogo”.

“Siamo stufi di essere considerati malati”

Considerazioni che spingono il coordinamento a chiedersi “se questa nostra apertura abbia un senso e se i tanti sacerdoti ‘illuminati’ debbano essere sostenuti”. “Siamo stufi di continuare a sentirci dare dei malati e essere trattati come tali – conclude Battaglia nella nota -. Mi chiedo quanto una persona LGBT credente possa stare male per questa NON accoglienza e mi addolora molto pensare a tutti e tutte coloro disperatamente alla ricerca di accettazione da parte di una Istituzione che la rifiuta costantemente”.

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