Il Vicariato di Roma ha vietato la veglia contro l’omofobia nelle parrocchie della città?

La notizia arriva da un’anticipazione pubblicata dal sito ultracattolico “La Nuova Bussola Quotidiana”. Il sito riporta alcuni stralci di un’intervista rilasciata da monsignor Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare di Roma, al mensile “Il Timone”. Il vescovo avrebbe dichiarato che è “deludente constatare come l’ideologia gay sia penetrata dentro la Chiesa attraverso gruppi di pressione al fine di mutare la sua posizione nei confronti di disegni legislativi e di costumi, conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, di alcuni pastori”.

“L’ideologia gay”

veglia_omofobia_divieto1Il riferimento è alle associazioni e ai gruppi LGBT cristiani, che da tempo lavorano per instaurare un dialogo con la Chiesa. E, sempre secondo il sito, proprio per fermare queste pressioni e “l’ideologia gay”, il Vicariato avrebbe vietato lo svolgersi dell’annuale veglia per le vittime dell’omofobia che in tante città di è già tenuta e che si inquadra nelle attività che ruotano intorno al 17 maggio, Giornata Internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia.

Scrive La Nuova BQ che “contrariamente a quanto era accaduto l’anno passato (nella parrocchia di san Fulgenzio), quest’anno nella diocesi di Roma tale veglia è stata vietata dal Vicariato. Al contrario, la diocesi di Roma per l’accompagnamento spirituale delle persone che hanno attrazione per persone dello stesso sesso si è affidata anche all’Apostolato Courage, che educa alla virtù della castità, in questo traducendo «in maniera coerente ed efficace l’insegnamento della Chiesa in un’azione pastorale ampiamente sperimentata ed approvata», come spiega ancora monsignor Marciante”.

“Notizie non vere”

Dunque il Vicariato romano avrebbe negato la parrocchia di San Fulgenzio per la veglia ed è per questo che, invece, si svolgerà al Campidoglio (questa sera alle 20.30)?. Gaypost.it l’ha chiesto ad Andrea Rubera, attivista di Cammini di speranza e tra i promotori della veglia in questione.
veglia_omofobia_divieto2Secondo Rubera, le notizie riportate dal sito cattolico “come spesso accade a questo genere di giornalismo, non corrispondono a verità. Nessuna parrocchia è stata negata dal Vicariato di Roma, perché nessuna parrocchia è stata chiesta per ospitare la veglia di preghiera romana 2017 contro la omotransfobia”.

“Una scelta ecumenica”

“È stato scelto di svolgerla in un luogo pubblico – spiega Rubera – perché c’era il desiderio sia di darle un taglio ecumenico, e quindi di organizzarla insieme ai fratelli e alle sorelle valdesi, ma anche di accogliere l’invito dell’amministrazione comunale di inserire la veglia dentro il programma di eventi della settimana contro la omotransfobia“. La veglia, infatti, chiude la carrellata di eventi che si svolgono in città ormai da 10 giorni.

Il divieto c’è, ma non sulla veglia

Un divieto, però, c’è. “Cammini Speranza (e il suo polo territoriale Nuova Proposta) negli ultimi due/tre anni avevano cominciato un percorso di integrazione in due parrocchie di Roma – racconta ancora Rubera -, percorso assai fruttuoso, perché si basava proprio sull’integrazione dei ragazzi e delle ragazze LGBT con il resto della comunità parrocchiale. Purtroppo questo percorso si è interrotto all’inizio del nuovo anno sociale 2016/2017, quando le parrocchie ci hanno comunicato di aver ricevuto indicazione, immaginiamo dal Vicariato, di sospendere l’accoglienza dei nostri incontri”.
Non un divieto alla veglia, dunque, ma porte chiuse agli incontri delle associazioni di credenti LGBT. Non del tutto, però.

Rimangono aperti i luoghi non parrocchiali

veglia_omofobia_divieto3“Questo ovviamente ci è molto dispiaciuto, nel senso che crediamo fortemente nel principio dell’inclusione e dell’integrazione e non in quello del vivere separati, in luoghi protetti e riservati – commenta Rubera a Gaypost.it -. Ovviamente è possibile e sarà possibile sia svolgere i nostri incontri sia anche organizzare le veglie in altri luoghi della Chiesa non parrocchiali, come ad esempio le rettorie. Questo non toglie che l’obiettivo a cui noi teniamo di più è quello dell’integrazione in ogni comunità e in particolare con quelle parrocchiali; non parliamo di integrazione del nostro gruppo ma di integrazione delle persone lgbt con il resto della comunità”.

Il precedente positivo di Londra

Un’esperienza, quella che Cammini di Speranza vorrebbe fare, che ha già dei precedenti in altri paesi d’Europa. Ad esempio, in Inghilterra. “A Londra – racconta ancora Rubera -, su input del cardinal Nichols, il gruppo delle SOHO masses, il nostro omologo londinese, è stato ospitato nella parrocchia di Farm Street, gestita dai gesuiti. Questa proposta, arrivata dal cardinale, ha avuto un grande successo in termini di integrazione delle persone. La comunità parrocchiale è venuta in contatto con il gruppo LGBT e da lì è cominciato un percorso di condivisione, scambio e conoscenza reciproca. Il risultato è che oggi il gruppo è praticamente sciolto dentro il resto della comunità, pur mantenendo la possibilità di organizzare degli incontri specifici, in cui le persone vogliono fare una sorta di percorso di tematico su fede e omosessualità”.

Un precedente che dimostra che, se a volerlo sono tutte le parti coinvolte l’integrazione è possibile e dà buoni frutti.
“Dobbiamo interrompere la spirale della diffidenza e favorire l’incontro – conclude Rubera -. Oscar Wilde una volta disse: ‘Le cose vere della vita non si studiano né si insegnano: si incontrano'”.

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