Catania LGBT da scoprire: la città figlia del fuoco e del mare

Cominciamo, con questo pezzo, una serie di articoli che raccontano alcune mete di interesse per la gay community. Partendo proprio dalla Sicilia. Non solo l’isola Lgbt, ma quella che vediamo e vi raccontiamo attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta, perché ci è nato o perché è andato lì in viaggio. Con l’augurio che questo narrarveli vi tenga compagnia e vi porti in viaggio per luoghi e posti che magari un giorno visiterete o scoprirete proprio grazie a noi. 

Un viaggio nel viaggio

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Veduta aerea di Catania, con l’Etna

Tutte le volte che si torna al sud, in quest’angolo della Sicilia, è un viaggio nel viaggio. Ok, io sono un po’ di parte. Qui ci sono nato e cresciuto. È normale che appena uscito dall’aeroporto la vista dell’Etna, come prima cosa, e il sentore dell’aria di mare, subito dopo, sono cose che ti acchiappano subito allo stomaco. Forse, e questa potrebbe essere una spiegazione, perché dopo gli “anta” cominci a vivere (anche) di ricordi. Ma a ben vedere è proprio così: atterrati all’aeroporto di Fontana Rossa – detto anche Vincenzo Bellini – le prime due cose di cui ti accorgi, uscendo fuori, sono il vulcano e la salsedine. Oltre il caldo, ovviamente.

La città dei due nomi

Non è l’unica cosa che, a Catania, ha due nomi. È una città dall’onomastica doppia, come è doppia la sua natura, fatta di fuoco e di mare. La lava, nel corso dei secoli, è scivolata fino alla costa regalando un lungomare nero, come nero è il basolato della pietra lavica che lastrica le strade del centro. Quando hanno rifatto via Etnea, nemmeno dieci anni fa, potevi vedere gli scalpellini che incidevano le lastre una a una, a mano. Dalla Villa Bellini in giù.

E allora, se vai a Catania, che è la capitale gay dell’isola, scoprirai che piazza Borgo, nella parte alta del centro – da dove ogni anno parte il pride cittadino, per capirci – in verità è piazza Cavour. E piazza Teatro, dove il corteo arriva, è intitolata anch’essa a Bellini. Villa Pacini, la piazzetta dove i vecchietti guadagnano un po’ di frescura nelle spietate estati isolane, viene detta “villa varagghi” nella cultura del luogo: la villa degli sbadigli. Perché lì la gente va a riposare, a non far niente. E quando vivi in un piccolo paradiso – almeno per quando sei in vacanza – anche la noia è un privilegio.

Una città di avanguardie

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L’albero rosso, luogo di ritrovo per omosessuali negli anni del fascismo

Due nature, quindi, che sono le due facce di una città dalle molte contraddizioni. Città di mare, che ad esso però guarda di spalle. Come se la città avesse gli occhi rivolti verso il vulcano. “A muntagna”, la chiamano in città. Pure i nomi delle arancine, qui, sono al contrario: le chiamano al maschile.

E Catania è città dove c’è l’antico che rimane immobile, nei rituali e nelle credenze di popolo – avete mai visto la festa di sant’Agata, a febbraio? – e che poi, allo stesso tempo, è città che vive la contemporaneità, anticipandola: come quando l’allora Open Mind, agli inizi degli anni novanta, ospitò la mostra di Elisabeth Olson, che tanto aveva scosso le capitali europee. O che, nel 2014, grazie al lavoro dell’Arcigay locale – all’epoca era presidente Alessandro Motta – si approvò il registro delle unioni civili, prima ancora che lo Stato legiferasse in merito. Questa è Catania. L’anello di congiunzione tra passato e futuro.

L’albero rosso

Per chi volesse fare una vacanza in questa città, le cose da fare sono molte. Un viaggio nel viaggio, dicevo. Perché scopri non solo i luoghi, ma anche i sapori, le suggestioni e le persone. La storia della nostra stessa comunità. Subito dopo la stazione dei pullman, oltre gli archi e prima di entrare nel cuore della città, c’è l’albero rosso. Arvulu russu, lo chiamavano negli anni trenta, in dialetto. Qui a Catania c’era una delle comunità gay tra le più grandi in Italia.

Quell’albero era un luogo di incontro per “arrusi”, gli omosessuali catanesiLa loro storia è stata raccontata da Tommaso Giartosio e da Gianfranco Goretti ne La città e l’isola (Donzelli, 2006), in cui si rievocano le sale da ballo per soli uomini e gli amori furtivi, vissuti in spiaggia. Fino a quando la repressione fascista e l’orrore della guerra non cancellò ogni cosa. Quell’albero esiste ancora ed ha una profonda frattura, al suo interno. Quasi a testimonianza della ferita inferta alla città e a una parte di essa.

In giro per il centro

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Castello Ursino

Se prendi alloggio al centro, nel quartiere della Civita – vicino gli archi della marina – la sera, passeggiando per le strade illuminate di giallo (è un effetto dei lampioni, che rende tutto un po’ magico) puoi vedere le sedie fuori dalle case, lasciate lì come se fossero state dimenticate. È solo la gente rientrata per cena, per poi riprenderne possesso per le chiacchiere serali, sempre per sfuggire all’implacabilità dell’afa. A piazza Teatro si può prendere il gelato, così come in uno dei bar tra piazza Duomo e la villa, per via Etnea, il cuore della città. La mattina, però, è imperativa la granita. Mandorla e caffè, se volete andare sul classico. E la brioche a forma di “minna”. Quella col capezzolo, per capirsi. Giusto per onorare le tradizioni.

Il mercato dietro la fontana

Ai turisti, di giorno, piace andare alla pescheria. Sta dietro l'”acqua o linzolu”, la fontana con “l’acqua che fa l’effetto del lenzuolo” proprio a piazza Duomo. Dietro essa, il mercato del pesce. Non capirete nulla. Vi chiederete, pure, come fa la gente lì a comunicare solo gridando. È la natura del luogo, appunto. Il fuoco che diventa voce, propaganda e poesia. Immergetevi al mercato e verrete travolti dal profumo del basilico e della frutta o dagli odori decisi del pesce sui banconi. La voce dei venditori vi sovrasterà. Vi guarderanno, ad un certo punto, sorridendovi. «Signorina, assaggi questo, che è dolce come lo zucchero», potrete sentir dire, a qualche ragazza di passaggio. E non importa che sia anguria, ricotta o gambero crudo. Sarà dolce e non le avranno mentito.

Tra castelli e monasteri

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Foto d’epoca, in una balera per soli uomini

Da dietro il mercato, poi, se siete temerari e non vi spaventano i tragitti in salita, c’è una tappa per il castello federiciano, a poche centinaia di metri, risalendo via Garibaldi e poi svoltando a sinistra per via Castello Ursino.

L’edificio vale una visita solo per sé, a cominciare – se siete bravi nello scorgere i dettagli – le decorazioni fatte con le pietre e i sassi, sulla facciata a prima vista austera: all’interno c’è anche il museo civico, con la pinacoteca e le raccolte settecentesche del principe di Biscari e dei padri benedettini. Padri il cui monastero è ancora più su, salendo ancora un po’ per via Vittorio Emanuele stavolta, e per poi svoltare a destra per una delle viuzze laterali. L’ex monastero dei Benedettini, oggi sede della Facoltà di Lettere e Filosofia, è un vero e proprio gioiello, tra i suoi chiostri e i giardini interni. Guadagnate il portone principale, su piazza Dante. Poi entrate dall’ingresso monumentale, con i suoi stucchi pregiati. Dimenticherete la fatica fatta fino a quel momento.

Innamorarsi, in riva al mare

Poi, a un certo punto arriverà la sera e il cielo si incendierà proprio alle spalle del vulcano. Prima di andare a ballare, per una delle discoteche in spiaggia, su litorale sud – le più quotate sono il Discus, dove si svolge la serata estiva di Industrie, la serata del sabato sera durante la stagione invernale, è l’appuntamento del venerdì alle Capannine – c’è sempre il tempo di una doccia e di una passeggiata prima dell’aperitivo, sempre per le vie del centro.

Alle spalle della chiesa della Collegiata, sulla scalinata Alessi, c’è lo storico pub Nievsky, con i tavoli tra le rampe. E più su ancora, via Crociferi, con i suoi locali per strada, che si animano la notte, quando il sole lascia tregua e trasformando quei posti – come dice Ligabue in una sua famosa canzone – uno dei molti che “tanto di giorno non c’è”. E poi, quindi, si va tutti a ballare. Per qualche sguardo fugace e innamorarsi ancora, come in passato gli arrusi. E, stavolta, non solo del fuoco catturato dalla pietra lavica e dalla salsedine del mare che si nasconde in ogni cosa. Anima inclusa.

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