Verso l’8 marzo: e per favore, non chiamatela “festa della donna”

«A cento anni dall’8 marzo 1917, torneremo in strada in tutto il mondo» si legge sul sito del movimento femminista Non una di meno, che annuncia una nuova manifestazione per protestare e scioperare «contro la guerra che ogni giorno subiamo sui nostri corpi: la violenza, fisica, psicologica, culturale, economica». La prossima Giornata internazionale della donna si preannuncia come un giorno di lotta politica, che mira a destrutturare una cultura imperante ancora troppo sbilanciata sulla differenza tra i generi, privilegiando quello maschile.

Non chiamatela “festa della donna”

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Un momento della protesta in Polonia

«Niente fiori e cioccolatini!» avvertono le compagne di Non una di meno. Precisazione necessaria in un contesto come il nostro, in cui una giornata commemorativa – le lotte operaie femminili, che sono costate anche vittime sul campo – si è trasformata in appuntamento commerciale, come le serate per sole donne o la galanteria di facciata da parte degli uomini. Per queste ragioni non ha senso chiamare l’8 marzo la “festa della donna”. Non stiamo parlando dell’ora d’aria da concedere una volta l’anno, per poi ritornare al solito copione.

Sciopero globale

Proposto dalle donne argentine, sempre come possiamo leggere sul sito, l’appello per uno sciopero globale delle donne ha raccolto l’adesione di ventidue paesi al motto di «Se le nostre vite non valgono, non produciamo». Per quella data, le donne che aderiranno allo sciopero si asterranno da ogni attività “produttiva e riproduttiva”. «Sarà uno sciopero in cui riaffermare la nostra forza a partire dalla nostra sottrazione: una giornata senza di noi»,  in segno di protesta contro il femminicidio, la disparità di trattamento economico, o gli abusi dell’obiezione di coscienza.

Come aderire

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La manifestazione “Non una di meno” a Roma

«Non esiste una sola forma di sciopero da sperimentare l’8 marzo. Esistono condizioni di lavoro e di vita molto diverse», per cui tutte «lavoratrici dipendenti, precarie, autonome, intermittenti, disoccupate, studentesse, casalinghe» saranno chiamate al «blocco delle attività produttive e riproduttive» attraverso strumenti quali «l’astensione dal lavoro, lo sciopero bianco, lo sciopero del consumo, l’adesione simbolica, lo sciopero digitale, il picchetto» ecc.

Nei prossimi giorni forniremo l’elenco completo delle mobilitazioni a cui aderire

E anche gli uomini possono dare una mano

Ma non finisce qui: a contribuire al successo dell’iniziativa è chiamata anche la comunità maschile. «Lo sciopero si rivolge principalmente alle donne, ma ha più forza se innesca un supporto mutualistico con gli altri lavoratori […] come è avvenuto in Polonia in cui molti uomini […] hanno svolto un lavoro di supplenza nello svolgimento di attività normalmente svolte dalle donne». Un momento, in altre parole, per celebrare la propria specificità e per ritrovare una nuova unità di intenti nel nome dell’uguaglianza. Un principio che, a quanto pare, stenta a decollare anche nell’avanzato occidente.

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