Storie

L’unione civile da vip tra Preziosa e Puccioni e tra gli invitati Cinthya, la donna che ha partorito i loro figli

Una unione civile da vere star, quella di Giampietro Preziosa, produttore cinematografico, e Marco Puccioni, regista. Alla sala rossa del Campidoglio c’erano tutti: Claudia Gerini, Riccardo Scamarcio, Valeria Golino, Valeria Solarino e Giovanni Veronesi, solo per fare alcuni nomi (potete vedere le foto nelle gallery scorrendo l’articolo, nda). A celebrare, un emozionato Nichi Vendola con il piccolo Tobia in braccio per tutto il tempo. E poi Monica Cirinnà sottobraccio a Puccioni a inizio cerimonia. Ricevimento al Dadaumpa di Fiumicino con tanto di fuochi d’artificio, abiti degli sposi firmati Gai Mattiolo, vini Capalbìo, bollicine della pugliese Paololeo (“un pezzo della mia terra” commenta Preziosa) e torta nuziale Andreotti, una delle più prestigiose pasticcerie romane. Non mancava davvero nulla “ma che caldo infernale in quella sala rossa – commenta Preziosa -: un posto così bello tenuto così male, senza aria condizionata e con i bagni sporchi. Una vergogna”.

L’attesa di una legge italiana e la proposta

“Dopo tredici anni insieme – racconta Preziosa a Gaypost.it – e due figli, era giunto il momento dell’unione. Abbiamo aspettato che ci fosse una legge in Italia per farlo, appositamente”. “Eravamo in Grecia, quando è stata approvata la legge – ricorda – e su una barca in mezzo al mare ho fatto la proposta a Marco. Del resto, Nichi (Vendola, ndr) me lo dice sempre: ‘Tu sei l’innovazione nella tradizione’. Ha ragione”.

Tra gli invitati, Cinthya, la portatrice

Due figli, dicevamo, Denis e David, gemelli nati in California grazie alla gestazione per altri che fra qualche mese compiranno 8 anni. “I bambini erano felicissimi dell’unione dei papà: dovevate vedere con quanto orgoglio mostravano a tutti le loro fedi”. A parlare è Cinthya, la ragazza californiana che quasi otto anni fa mise al mondo Denis e David: è venuta appositamente dagli Usa, con il marito Josh, per partecipare alla cerimonia di domenica scrosa. “Non ce la saremmo persa per niente al mondo”, ci dice convinta.
Dopo quasi nove anni di conoscenza e otto anni dopo il parto, i rapporti tra lei, la sua famiglia e la famiglia romana sono ancora solidissimi. “Siamo come una famiglia allargata – ci racconta -: i bambini mi chiamano ‘zietta’. I miei figli dicono a tutti che hanno sei cugini: quattro in america (i figli di mia sorella) e due in Italia. Parlano due lingue diverse, ma quando sono insieme quel muro non esiste”.

Una decisione presa molto tempo fa

Ormai parla anche un po’ italiano Cinthya e ricorda perfettamente il momento in cui decise che un giorno avrebbe aiutato una famiglia a crescere. “Avevo circa 14 anni e guardavo la Tv – dice -. Trasmettevano un documentario in cui a una coppia gay veniva detto che non potevano diventare genitori, che erano due maschi e non è possibile. Pensai subito che non era giusto e che se un giorno avessi potuto fare qualcosa l’avrei fatto, senza dubbio”.
E così è stato. All’età di 26 anni ha cominciato a prendere informazioni. “Ho cercato di approfondire tutti gli aspetti della questione: da quelli medici a quelli psicologici – spiega convinta -. Volevo avere tutte le informazioni del caso ed essere del tutto consapevole”.

L’incontro con altri papà arcobaleno

“Avevamo iniziato a pensare di avere di figli già da qualche anno – raccontano Preziosa e Puccioni – da quando una coppia gay conosciuta da Marco durante un festival del cinema in Usa in cui lui presentava il suo ‘Riparo’ gli aveva spiegato che i loro figli erano nati con la gpa”. Tornato Marco in Italia è un articolo apparso sul Corriere della Sera che racconta una storia simile ad attirare l’attenzione della coppia. “Chiamai la redazione – ricorda Puccioni – per chiedere che mi mettessero in contatto con la coppia di cui nell’articolo si parlava in maniera anonima. È così che abbiamo conosciuto Tommaso e Gianfranco: loro ci hanno raccontato il loro percorso e tramite loro siamo arrivati a Famiglie Arcobaleno. Lì abbiamo conosciuto tanti altri papà gay: lo scambio di esperienze e la conoscenza sono molto importanti in un percorso simile. Alcuni di loro erano alla nostra unione”.

Cinthya, quella giusta

Poi la scelta dell’agenzia “una seria, che si curasse anche del benessere di tutti e non solo dei soldi”, spiegano i due, e l’incontro con Cinthya. Non immediato, però. Lei è arrivata quando i due stavano per tornare i Italia, dopo a vere scelto la donatrice di ovuli, Amanda, ma senza aver trovato una portatrice adatta. Anche con Amanda i rapporti sono continuati ed anche lei era a Roma a festeggiare l’unione di Giampietro e Marco. “C’era qualche difficoltà con la lingua – ricorda Cinthya -, ma qualcosa è scattato subito tra noi. Avevo già detto no ad una coppia etero: non mi piacevano, solo lei voleva un figlio, lui no. Non volevo mettere al mondo un bambino che non ero sicura sarebbe cresciuto con l’amore che meritano tutti i bambini”. “A volte la comunicazione non verbale è più efficace delle parole” aggiunge Preziosa.

“Ma quale sfruttamento: nessuno mi ha costretta”

È così che sono venuti al mondo Denis e David. Spieghiamo a Cinthya che, in Italia, una parte della politica e della società è convinta che si tratti di una pratica da vietare, che implica lo sfruttamento delle donne e che non può essere fatta per libera scelta. “È impossibile che questo accada – ci risponde con lo sguardo un po’ stupito -: ci sei tu lì. Sei tu che vai in clinica, tu che permetti che ti impiantino un ovulo, tu che ti sottoponi ai test e alle visite mediche e tutto il resto. Nessuno avrebbe potuto costringermi”. Ma c’è anche l’aspetto economico, non conta?

“Non ho bisogno di soldi”

“Sentite – dice la donna -: per la gravidanza mi hanno dato 30 mila dollari, escluse le spese mediche che ha coperto l’assicurazione di mio marito. Josh guadagna più di 200 mila dollari l’anno: qualcuno può davvero definirlo un guadagno? Ho sentito che qualcuno sostiene che possa diventare un lavoro. Ma stiamo parlando di una gravidanza, di nove mesi in cui porti in grembo un bambino: non è una cosa che puoi fare tante volte nella tua vita. Di certo non come lavoro”. E che legame c’è con i bambini? “Ho sempre saputo che non erano miei – spiega -: ho visto l”ovula di un altra donna fecondato col seme di un uomo che non era mio marito, impiantato nel mio utero. Certo, li amo. Ma è quel genere di amore che provi per i membri della tua famiglia, non per i figli”.

Cinthya studia per diventare una psicoterapeuta e di figli ne aveva già tre, quando ha partorito i gemelli. Una bella casa, grande, con la piscina, una situazione economica familiare molto buona. “Non credo che farò di nuovo la portatrice né che avrò altri figli: tre sono abbastanza e in più ci sono David e Denis. Va bene così”.

Il sostegno della famiglia

Josh la guarda raccontare tutta la storia della sua surrogacy con sguardo di approvazione. “Quando mi ha detto che voleva fare questo percorso sono rimasto shockato – interviene -. Aspetta… shockato in senso positivo. Mia moglie aveva deciso di fare una cosa del genere per aiutare un’altra famiglia a nascere. Ho capito che avevo sposato la donna giusta. L’ho anche spiegato ai miei colleghi e nessuno ha avuto niente da ridire. Ci scherzavamo su: ‘Sì, mia moglie è incinta, ma non sono miei’ dicevo loro. Ma a prescindere, abbiamo sempre fatto quello che ritenevamo giusto, non importa cosa dice la gente. L’amore viene prima di tutto”. Quando Cinthya è rimasta incinta dei gemelli, i suoi figli erano molto piccoli, solo uno aveva già sette anni. “Abbiamo spiegato che c’erano questi amici nostri che non potevano avere figli – ricorda Cinthya – e che mamma li avrebbe aiutati. Non c’è stato alcun problema. La mia famiglia d’origine si è solo assicurata che fossi perfettamente consapevole di quello che facevo, poi sono stati di grande sostegno e ora vogliono bene a loro quattro come se fossero parenti”.

La vita in comune e l’arrivo dei gemelli

Quando i gemelli sono nati, Marco e Giampietro erano negli Usa ormai da un mese, ospiti a casa di Cinthya. “Non ha voluto assolutamente che andassimo in hotel o affittassimo una stanza – racconta Preziosa -. Sono stati tutti molto gentili e accoglienti con noi. Siamo rimasti lì per altri due mesi, dopo il parto. Volevamo che il distacco fosse graduale: ormai eravamo davvero una grande famiglia”. “È stato un bellissimo periodo – aggiunge Cinthya -: Marco cucinava per noi cose buonissime e ci aiutavano in casa, come se ci conoscessimo da sempre. Mi è dispiaciuto molto quando sono partiti, ma facciamo di tutto per vederci più spesso possibile”. Denis e David, dal canto loro, sanno perfettamente come sono nati. “Abbiamo creato una favola per spiegarglielo – racconta Preziosa -: due marinai si innamorano e desiderano tanto dei figli. Li aiutano due fatine: la fatina ovetto e la fatina pancia. E così il loro desiderio diventa realtà”.

“La società è più avanti della politica”

E il resto della società? La scuola, gli amici, come vivono il rapporto con la famiglia Preziosa-Puccioni? “Non abbiamo mai avuto nessun problema – spiega la coppia -. Abbiamo anche fatto vedere a scuola il nostro documentario ‘Prima di tutto’ che racconta la nostra storia ed è stato trasmesso dalla Rai qualche tempo fa. Mai nessuno ci ha creato difficoltà. Giampietro è anche stato rappresentante di classe. Sì, la società è molto più avanti delle nostre leggi e della nostra politica”.

Cinthya e Josh oggi rientrano negli Usa. Non possiamo non chiedere loro quando torneranno in Italia. “Prima possibile – dice lei – anche se (guarda Marco, ndr) ora tocca a voi venire. Denis ha già deciso che non vuole rimanere a casa nostra solo una settimana, ma di più. I gemelli si divertono molto con i miei figli, in piscina e con gli animali che abbiamo”.

(Photo credit: Giambalvo e Napolitano)

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