Trento, torna a casa e fratello lo accoltella: «Omofobia malattia dell’anima»

Fulvio Cipriani, ex insegnante di religione e omosessuale dichiarato, era tornato nella sua città natale Borgo, vicino Treno, per sbrigare delle pratiche legate all’eredità della madre. Ad accoglierlo però ha trovato il fratello Teddy che lo ha accoltellato. Dopo quattro giorni di ricovero potrà finalmente tornare a casa sua, al To-Housing di Torino. Fulvio Cipriani è ipovedente e vive con la pensione di invalidità.

LA FAMIGLIA CIPRIANI

In una lunga intervista al Corriere del Trentino, quotidiano che proprio oggi ha rilanciato la notizia, Fulvio Cipriani racconta della sua famiglia. Nella famiglia Cipriani, sebbene i segnali di omofobia fossero arrivati da anni, la situazione è rimasta più o meno sotto controllo finché la madre dei fratelli Fulvio e Teddy è rimasta in vita. L’ex insegnante racconta del suo coming out con la madre, avvenuto a cavallo tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, a casa di amici omosessuali di Pozzoli: «Le madri riescono a intuire le cose prima dei figli. Mi disse: sei anche tu come loro. Non era una domanda e io le risposi di sì. Mi diede alcuni consigli e con lei si erano messe a posto molte cose, soprattutto con mio fratello Teddy».
Nonostante le mediazioni della madre il rapporto con il fratello Teddy è sempre stato burrascoso. Fulvio Cipriani racconta che il fratello non perdesse mai occasione per lanciargli frecciatine o bordate, soprattutto durante le feste in famiglia. Una situazione tuttavia sotto controllo, fino al 26 giugno del 2016, data in cui la signora Cipriani è morta: «È venuto a mancare questo timone. A quel punto mio fratello si sentì libero di esprimere tutto il suo odio verso di me. Credo che l’omofobia sia una malattia dell’anima».

OMOFOBIA CRESCENTE FINO AL TENTATO OMICIDIO

Dalla morte della madre, in soli tre anni, c’è stata una escalation di violenza e di omofobia e Fulvio è stato tagliato fuori da tutta la famiglia: «Sono tre anni che non parlo più con loro e anche quella lite furibonda, di cui si è parlato sui giornali, è una falsità. Non c’è stata alcuna lite. Teddy mi ha aspettato due ore sotto casa di una amica amica».
Fulvio Cipriani racconta al Corriere del Trentino quanto successo giovedì sera, sera in cui il fratello Teddy ha provato a ucciderlo sferrandogli un fendente alla gola. Fulvio è impoverente e in un primo momento ha soltanto notato una persona poggiata al portone di casa dell’amica che lo stava ospitando. Solo a distanza ravvicinata si è reso conto che quella persona era suo fratello Teddy. Cipriani racconta di aver visto un sorriso soddisfatto sul viso del fratello poco prima che lo colpisse: «Non mi sono accorto di alcun movimento, non ho sentito male. L’ho visto fuggire e a quel punto ho sentito il sangue sul collo e ho urlato. Nadia e la figlia, due mi mie amiche, sono accorse in mio aiuto. Lei in un primo momento non aveva capito, quando ha visto Teddy ha sperato in un avvicinamento, ma appena è corsa verso di me e ha aperto il cappotto le è rimasto tra le mani il coltello».

«VOLEVA UCCIDERMI»

Fulvio Cipriani è certo: suo fratello ha colpito per uccidere e non spaventare o ferire. In passato, nel novembre del 2016, c’era stato un precedente. Teddy l’aveva aggredito e minacciato, aveva tentato di strangolarlo e dopo avergli sferrato un pugno in faccia gli disse: «Quella faccia da frocio con gli occhiali te la spappolo con la pistola». Un’altra aggressione era avvenuta nel maggio nel 2017, quando Teddy gli aveva buttato giù la porta con una spallata e l’aveva preso a pugni.
Cipriani racconta di avere molta paura: «Temo che ci possa riprovare. Il carcere non ti riabilita, puoi conoscere tante persone e ha promesso. Potrebbe incaricare qualcuno, l’ho detto anche ai carabinieri. Da tempo non vivo più in Trentino, ma fuori provincia in una casa protetta che ho trovato grazie all’Associazione Quore. In questi giorni ero tornato per il processo».

LA QUESTIONE DELL’EREDITÀ

L’unico motivo che aveva spinto Fulvio Cipriani a tornare a Borgo è stata la questione legale legata all’eredità della madre. Alla sua morte lasciò a Fulvio la così detta “legittima”, prevista per legge. Un’eredità che però il padre di Fulvio e il fratello Teddy non vogliono che vada al fratello: «C’è una intolleranza di fondo. È stato detto che io ho esasperato Teddy, ma non è vero. Non accettano la mia diversità e hanno condizionato tutti. Sabato una parente mi ha detto che devo vergognarmi. Invece il paese mi è stato davvero vicino, ho ricevuto tantissime telefonate e messaggi».
La coltellata inflittagli dal fratello non gli ha reciso le corde vocali per pochi millimetri. Dopo quattro giorni di ricovero Fulvio è finalmente pronto a lasciare Borgo e a tornare nella struttura protetta di To-Housing: «Non odio, ma non perdono».

IL COMMENTO DELL’ASSOCIAZIONE QUORE

«La vita di molti e molte di noi è più difficile di quello che si possa immaginare – commenta a Gaypost.it Alessandro Battaglia, presidente di Quore, l’associazione che gestisce To Housing -. Fulvio, accolto dal progetto To-Housing all’inizio di ottobre, ha necessità di serenità e di una pausa dall’orrore che la nostra società, ancora troppo discriminatoria e piena di odio, gli ha riservato».

«Le persone LGBT+ sono, ancora oggi, tra le più vulnerabili in molti contesti: famiglia, lavoro, scuola – prosegue Battaglia -. Per questo il lavoro che le associazioni come Quore svolgono rimane imprescindibile».

«Bisogna focalizzarsi sempre di più sull’accoglienza e la protezione di coloro che, vivendo situazioni più complicate di altre, non sanno dove andare e con chi confrontarsi – conclude -. Questo è ciò che noi facciamo e confidando nell’aiuto e il sostegno di tanti e tante continueremo a farlo. Aspettiamo il ritorno di Fulvio per continuare con lui un nuovo percorso e cercando di costruire insieme un futuro più sereno e colorato».

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