La storia del pugile bisex che uccise l’avversario omofobo diventa un film

Preceduta da diversi rumor, ora la notizia dell’inizio delle riprese del biopic su Emile Griffith è ufficiale. Il film sarà diretto da Lenny Abrahamson e prodotto da Ed Guiney, secondo quanto riporta Pink News.

L’offesa prima del match

Griffith, pugile bisex, è diventato famoso per avere ucciso il suo avversario omofobo durante un match, il 24 marzo del 1962. L’incontro si svolse al Madison Square Garden e contro Griffith c’era Benny “The kid” Paret. Le cronache riportarono che nella fase di peso dei pugili, il cubano Paret toccò il sedere all’avversario e lo apostrofò dicendogli “maricón” (frocio, in spagnolo) a voce abbastanza alta che tutti sentirono, compresi i giornalisti.

Griffith mette Paret all’angolo e lo colpisce (New York, 1962)

La reazione di Griffith

Il pugile afroamericano non gliela perdonò e al 12esimo round lo spinse all’angolo e gli sferrò una serie di uppercut (pugni dall’alto verso il basso, in gergo pugilistico) che lasciarono Paret incosciente sul ring.
Il cubano morì 10 giorni dopo in ospedale senza mai uscire dal coma.

La fama dopo l’incontro

Anche se secondo alcuni Paret in realtà sarebbe morto per le conseguenze di colpi ricevuti in altri incontri, quello al Madison Square Garden segnò una svolta nella carriera di Griffith che da allora divenne famoso. All’epoca dei fatti, la bisessualità di Griffith non era ancora di pubblico dominio. Il puglie avrebbe fatto coming out solo nel 2005 durante un’intervista a Sports Illustrated. Ma dopo il match con Paret vinse il mondiale dei pesi medi che detenne fino al 1967 quando fu sconfitto da Nino Benvenuti.
Il pugile morì nel 2013 a 75 anni per le conseguenze della demenza pugilistica, una malattia neurodegenerativa molto diffusa tra coloro che hanno subito molti colpi alla testa come, appunto, alcuni boxeur.

“Viveva in due mondi”

In un’intervista rilasciata a Deadline, il regista Abrahamson ha parlato di Griffith come di un personaggio “incredibilmente coinvolgente”. “C’era delicatezza e innocenza in lui – ha detto – e non è mai apparso in conflitto con la sua sessualità. Anzi, ne traeva gioia”. “Viveva in due mondi – ha spiegato il regista -: la scena gay underground di New York degli anni ’60 e il mondo macho della box. Lo stigma sociale, a quel tempo, era terribile e creava molta pressione su di lui”.
Abrahamson ha anche ricordato una citazione di Griffith che una volta disse: “Mi hanno perdonato per avere ucciso un uomo, ma non riescono a perdonarmi perché amo un uomo”. “Per me – ha commentato il regista – è una contraddizione molto potente e folle. E ancora oggi è rilevante”.

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