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Siete dipendenti dal sesso? Ecco come capirlo e cosa fare

Negli ultimi anni, il termine “dipendenza” che è quasi esclusivamente stato associato all’utilizzo e all’abuso di sostanze, sta coinvolgendo anche determinati tipi di comportamenti o atteggiamenti. In particolare, l’individuo utilizza tali comportamenti in modo compulsivo entrando un meccanismo di “loop” difficile da rompere e che crea difficoltà e disagi. Queste “nuove dipendenze”, che sono sostanzialmente più di tipo psicologico, hanno a che fare con l’alimentazione, la tecnologia, il gioco d’azzardo, il lavoro, l’attività fisica e la sessualità, pur rispettando molte caratteristiche simili alla dipendenza da sostanze.

La dipendenza sessuale rappresenta dunque una condizione o un particolare status (l’essere dipendente) nei confronti di qualcosa con connotazione sessuale (pornografia, chat erotica, prostituzione, masturbazione, sesso) che implica una forte spinta ad agire a cui la persona si arrende contro la propria volontà (Quattrini, 2015).

Nella dipendenza sessuale, l’individuo avverte la difficoltà di non riuscire a smettere di pensare al sesso o a compiere azioni di tipo sessuale, in modo quasi automatizzato e meccanico, perdendo o dimenticando aspetti molto importanti quali quello del piacere erotico-sessuale e della relazione intimo-sessuale.

Ma quali sono i segni caratteristici della dipendenza sessuale?

Ad oggi ancora non sono stati elaborati dei criteri diagnostici ufficiali, ma alcune caratteristiche tipiche della dipendenza sessuale sono state evidenziate da diversi autori.
Il comportamento di dipendenza sessuale si caratterizza per l’angoscia e la frustrazione sviluppate nei confronti dei comportamenti sessuali incontrollati, per l’impossibilità di porre un freno, per l’utilizzo di una grande quantità di tempo che non permette di fare altro, favorendo la sensazione di isolamento, interrompendo attività lavorative, sociali o ricreative. Dunque, il vissuto si caratterizza anche di agitazione o irritabilità e di strategie studiate nel tentativo di affrontare o gestire i problemi quotidiani, ma che si rivelano, per lo più, inutili (Goodman, 1998; Rickards e Laaser, 1999; Kafka, 2001)

L’intervento clinico nei casi di dipendenza sessuale dipende dal tipo di approccio adottato. Talvolta questo è orientato più alla riduzione del comportamento di dipendenza (Kafka e Prentky, 1992), mentre altri terapeuti cercano di far acquisire alla persona la capacità di controllare il proprio comportamento, attraverso un lavoro sui vissuti d’ansia o depressivi, sul senso di colpa o sulla vergogna. Infine Carnes (1991) ha adottato, invece, il metodo de “i 12 passi”, molto utilizzato nella dipendenza da alcool, che mira all’astinenza totale e alla sobrietà dalla “sostanza” integrandolo con percorsi terapeutici individuali.

A prescindere dal percorso che si sceglie non ci può essere inizio senza riconoscere il livello di disagio, anche grave, che tale dipendenza può arrecare alla persona. Successivamente è importante impostare un lavoro di educazione o rieducazione sessuologica che rinforzi la stima di sé e faccia riappropriare la persona della sfera intima, fino ad adesso accantonata. Riscoprire la dimensione del desiderio, della fantasia, del piacere potrebbe essere una via per poter riaffermare se stessi e relazionarsi all’altro non in modo meccanico, come se fosse una “dose”, ma guardandola come “persona” (Quattrini, 2015).

Gli obiettivi di un intervento in tal senso riguardano la possibilità, in prima battuta, di trovare un proprio spazio entro cui riuscire a parlare delle difficoltà, del problema e del disagio vissuto. Solo allora si potrà intraprendere un percorso verso l’intimità ritrovata, con se stessi e con gli altri. Ma tale possibilità muove dalla forte motivazione dell’individuo di scegliere di migliorare e cambiare, affinché la sessualità non venga del tutto eliminata o completamente ridotta a “droga”, ma venga vissuta di nuovo come dimensione piacevole e come fonte di benessere.

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