#quellavoltache: le mie mille ferite che non ho mai raccontato a nessuno

Nonostante l’attenzione sul caso Weinstein sollevato da Asia Argento stia mediaticamente calando, Gaypost.it continua a ricevere storie e testimonianze di donne che, grazie a #quellavoltache, hanno trovato la forza di raccontare quello che hanno subito e che non hanno mai avuto il coraggio o la forza di rivelare a nessuno. Continueremo a pubblicarle, perché ogni storia merita di essere raccontata e ogni donna deve essere ascoltata quando denuncia una violenza, un abuso, una molestia. Anche se l’argomento non è più nei trend topic di Twitter o sulle prime pagine dei giornali. Anzi, forse è necessario farlo proprio quando nessun altro lo fa. Oggi pubblichiamo la storia di Luisa (nome di fantasia) e delle sue tante “piccole ferite” che per anni ha cercato di rimuovere. Invano.

“basta una frase perché tutto torni a galla”

Io non ho un unico grave racconto. Sono una di quelle che hanno alle spalle delle piccole ferite, che non hanno mai raccontato. Perché autoconvincersi che stai facendo un deserto di un granello di sabbia per tentare di andare avanti e dimenticare tutte quelle piccole stilettate quotidiane, sembra la scelta migliore. Solo che arrivi alla soglia dei trent’anni e sei sempre più arrabbiata con te stessa quando ti accorgi che “tutte quelle volte che” sono ancora lì dietro l’angolo. E basta una frase, uno sguardo, una battuta o un commento e tornano a galla, con tutto lo schifo che ti hanno fatto anche allora.

Quella volta che non mi hanno ascoltata

Quella volta che a tredici anni, infagottata e con lo zainetto, un camionista rallentò, mi fischiò e mi fece il gesto del pompino
Quella volta che avevo quindici anni, tornavo da scuola, era inverno ed era buio anche se erano solo le sei e mezza ed un settantenne mi spinse in un angolo chiedendomi cosa ci facessi da sola in una serata così fredda.
Quella volta che avevo sedici anni il marito di mia nonna, un armadio, dopo un infinità di occhiate che non piacevano affatto -motivo per cui tentavo sempre di evitare di restare sola in sua compagnia- mi afferrò e mi dette un bacio contro le labbra. Qualche secondo di panico, poi mi divincolai e scappai da mia madre.

Quando dopo settimane trovai il coraggio di raccontarlo ad un familiare mi rispose: “Ma ha l’alzheimer cosa vuoi che sappia”.
Quella volta che dissi che ero di fretta e di lasciarmi stare ad uno di quei tizi che ti fermano per strada chiedendoti qual è l’ultimo libro che hai letto, e lui mi rispose di stare tranquilla, che mica mi stava corteggiando dato che ero una cozza.
Quella volta che mi chiese una pomiciata, ma non ero interessata e dissi di no, così mi rinfacciò “Oh, ma mica ti ho chiesto un pompino”.

Quella volta sul treno

Quella volta che “che vuoi che siano dieci anni di differenza” quando tu ne hai diciassette.
Quella volta che “con quel corpo lì non ti puoi mica permettere di fare la schizzinosa”.
Quella volta che a 21 anni uno che ne ha più di settanta ti si siede accanto su un treno pieno di gente e ti sussurra all’orecchio che ha una figlia più o meno della tua età, che però è ancora uno stallone a letto e vuole sapere se sei interessata a conoscerlo.

Tu nemmeno sai che diavolo rispondere perché quello che dice sembra così assurdo da farti sentire sporca, così mentre ti guardi intorno per capire se qualcun altro ha sentito, lui ti annusa il collo ed emette un rantolo eccitato. Ed intorno a te, guardano tutti altrove.
Quella volta che un pensionato pretende di offrirti da bere, tu declini gentilmente l’offerta e quello ti manda a fanculo e ti dà della stronza.

Quella volta che abbracciavo la mia compagna

Quelle infinite volte in cui qualcuno mi ha palpeggiato il seno perché è grande, connotazione che, è risaputo, autorizza ai palpeggiamenti.
Quella volta che abbracciavo la mia compagna in strada e si avvicina un uomo chiedendomi: “Perché l’abbracci? Ti piace la fica? Ti piace la passera, eh? E la lecchi pure?”
Tutte le volte che mi hanno chiesto come fanno due donne a fare l’amore, se raggiungono l’orgasmo, con quante dita.

Se reagisci, sei comunque una puttana

Le volte in cui mi hanno detto che tra donne non è davvero sesso, ma sono preliminari, perché non c’è la penetrazione.
Le volte che ho tentato di passare inosservata, perché sei stanca del dolore, così quasi sempre diventa rabbia, ma se reagisci sei comunque una puttana, sei stronza e sei frigida.
Le volte in cui mi sono guardata allo specchio e mi sono fatta schifo perché per anni qualcuno mi aveva detto che facevo schifo.

(foto di copertina: Liorak Photography)

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