Un’altra storia di abusi che una lettrice ci ha voluto affidare, spinta dalla diffusione della campagna #quellavoltache. “Non l’ho mai raccontato a nessuno” ci ha spiegato, aggiungendo che i suoi genitori ne avrebbero un enorme dolore. Per questo preferisce rimanere anonima, ma senza continuare a tacere. Ecco il suo racconto:
#quellavoltache avevo 11 anni e tu circa 60, forse di più, non lo so. Mi facevi schifo già da lontano, ti evitavo, per quanto possibile. Ma quel giorno c’erano i cani, nati da pochi giorni, cuccioli radunati in una scatola dentro a un box in costruzione. Sono entrata, controllando che non ci fosse nessuno.
Mi hai seguita. Non ti ho visto. Ma ti ho sentito quando mi hai presa per un braccio, mi hai attaccata al muro, ti sei strusciato addosso a me, mi hai messo la lingua in bocca e intanto mi dicevi: “ti piaccio, lo so che ti piaccio…”.
Impietrita. Terrorizzata. Speravo solo che finisse in fretta. Poi voci, lì fuori. Hai lasciato la presa e sono scappata. Fuori, al sole, alla luce. Ti ho visto andare via in auto, quella sera. E ho pregato con tutte le mie forze che avessi un incidente, che morissi tra mille sofferenze, che non tornassi mai più.
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