Politica&diritti

Omofobia scolastica: quando il nemico è il prof

L’omofobia scolastica non è una novità, anzi è proprio tra aule, bagni e corridoi che si consumano i casi più gravi di violenza, psicologica e fisica, contro studenti e studentesse “marchiati” dal sospetto di essere omosessuali. E chi lavora nel settore sa quanto può essere difficile rompere certe dinamiche aggravate, molto spesso, sia dal muro di omertà tra gli stessi allievi sia il silenzio delle vittime, che si sentono colpevoli (e quindi, per paradosso, meritevoli) di subire la discriminazione stessa.

Il problema si complica quando a recitare la parte del mostro è l’insegnante. Nella vita scolastica di un ragazzo o di una ragazza può essere davvero ingestibile dover sopportare non solo lo scherno e la persecuzione dei propri pari, ma anche l’indifferenza o, peggio, l’accondiscendenza degli adulti. E i casi, purtroppo, non sono pochi. A Modena, al liceo Selmi, una preside ha preteso che ad un incontro contro l’omofobia vi fosse un contraddittorio tra Arcigay e un’associazione cattolica – immagineremmo la stessa situazione in un incontro contro il razzismo? Mettere insieme, cioè, chi ti parla di quanto è ingiusto l’odio contro lo straniero e chi è possibilista? – mentre a Monza, all’Istituto cattolico professionale Ecfop, un ragazzo è stato costretto a seguire le lezioni in corridoio perché gay: «Seguiamo i dettami della chiesa» si è giustificato il dirigente scolastico.

«L’omosessualità è contro natura, perché non è possibile che un essere umano possa amare un altro essere umano dello stesso sesso, e a me fa schifo» disse un’altra preside, questa volta ad Ascoli Piceno, a un rappresentante di istituto del liceo linguistico Stabili-Trebbiani, che voleva organizzare un evento per la Giornata Mondiale contro l’omofobia. E a volte, il disprezzo non si ferma solo alle parole: nella provincia umbra, nel 2014, un ragazzo è stato prima insultato – “essere gay è una brutta malattia” – e poi picchiato dal suo stesso professore. Una situazione desolante, soprattutto se si pensa che la scuola dovrebbe essere il luogo in cui l’individuo forma la sua coscienza, dove dovrebbe sentirsi incluso e protetto, soprattutto da chi dovrebbe svolgere il compito di formatore. E invece troviamo anche al di qua della cattedra il pregiudizio.

«L’omofobia a scuola è un problema. Un problema grave, che cambia le prospettive, i ricordi e i sogni di centinaia di ragazzi ogni anno. Eppure sul come affrontarla gli insegnanti restano soli. E scomodi», si legge in un articolo su l’Espresso on line di Francesca Sironi. La costruzione del “mito del gender” ha fatto il resto: genitori spaventati dall’idea che educazione sessuale, educazione alle differenze e iniziative contro le violenze che abbiamo appena descritto diventino forme corruzione dell’identità sessuale. I/le docenti che provano a fare qualcosa o sono isolati dal resto dei colleghi che non vogliono avere problemi, o dileggiati, qualora non contrastati, da chi si fa portavoce di istanze discriminatorie.

una vignetta su un gruppo di insegnanti, su Facebook

Per averne una dimostrazione in diretta, infine, vi invito a visitare il gruppo Facebook Professioneinsegnante.it. Qualche giorno fa uno dei suoi membri ha pubblicato un’immagine su cui campeggia la scritta “come cambiano i costumi sociali” dal 1950 a oggi: ieri c’erano famiglie numerose, coppie di fidanzati eterosessuali pronte a promettersi amore eterno e maschi che corteggiavano le ragazze; oggi, invece, coppie gay, coppie senza figli ma con i cani nel passeggino e orde di donne che inseguono ragazzi in fuga. Un rovesciamento tra ordine naturale e sfacelo dei tempi moderni, a quanto pare. E leggere i commenti è sconfortante: «Siamo peggiorati» scrive Stefania Lucchese, insegnante, in risposta all’immagine. «Non sempre il cambiamento è sinonimo di evoluzione! Ahahahah» continua Lisanna Dave, impiegata al Miur, palesemente allietata dalla vignetta. «Amore deviato», è lapidario Franco Canale, altro membro del gruppo. E a chi fa notare che l’amore è tale e va rispettato, Pietro Satta domanda: «Anche quello incestuoso tra padre e figlia o quello zoofilo tra il padrone e il suo cane. L’amore è amore, no?».

commenti omofobi su Professioneinsegnante.it

Eppure la scuola dovrebbe essere un’agenzia educativa e sappiamo per certo che in altri paesi, dove il rispetto per le minoranze è un valore e non mero esercizio retorico, commenti di questo tipo sarebbero censurati e non certo in nome di chissà quali ideologie, ma perché permettere di disprezzare un essere umano per ciò che è, non è un atteggiamento civile. La scuola italiana, invece, sembra permettere ancora questo tipo di barbarie. Nel silenzio di molti, nell’inefficacia degli interventi delle istituzioni, nelle parole che feriscono da parte di chi dovrebbe educare e proteggere.

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