Rainbow

Meteora o stella cadente? Per tornare in auge, parla male dei gay

Sei stata una meteora negli anni ottanta-novanta e la fortuna non ti sorride più? Hai inciso un disco che è andato bene nella top ten di qualche regione a statuto speciale per poi tornare a esibirti a qualche sagra rionale, come seconda scelta? Hai avuto un’apparizione al Maurizio Costanzo Show, anni or sono, dalle poltrone del pubblico, sei andato in onda per trenta secondi dopo mezzanotte e fine della storia? Hai bisogno di un talent o di un reality perché ci sia ancora traccia della tua memoria, in questo secolo? Bene, sta’ lì e prenditi cinque minuti di tempo. Abbiamo i giusti consigli per te.

In tournée per le parrocchie di provincia

Ipotesi n. 1: hai partecipato a un festival di successo. Ti sei fatto conoscere per canzoni che mettevano insieme uccelli e bambini – e poi quelli strani saremmo noi – e hai cantato di miracolose riconversioni di gay a cui poi, per magia o per intervento divino, piace misteriosamente la patata (e no, il purè non c’entra niente). Quindi cala il sipario su una carriera che avrebbe potuto dare ancora tanto all’umanità, come un’ode cantata sull’osteoporosi o un’epica narrazione, sempre in musica, su come sconfiggere la piaga delle scie chimiche. Eppure niente, il tuo declino è lì, evidente come la forfora tra i capelli unti sotto una lampada alogena. La soluzione? Buttati sulle terapie riparative. Troverai sempre qualcuno che ti porterà con sé, tra un convegno sul gender e una conferenza sulla minaccia dell’omosessualizzazione del pianeta. Troverai folle acclamanti e penitenti in tournée esclusive, in qualche parrocchia di provincia. Il successo è assicurato.

Alla ricerca dello scoop perduto

Ipotesi n. 2: ci hai provato con la politica. Hai combattuto come un leone (marino) per diventare segretario del tuo partito. Hai deliziato l’universo mondo con proposte politiche esemplari, come ad esempio rendere fuori legge parolacce e bestemmie, chiudere Youporn, obbligare alla monacazione forzata le sex worker. Ti puoi sempre riciclare come giornalista d’assalto che denuncia fatti oggettivamente irricevibili, come quella di padre e figlio che aspettano le unioni civili per sposarsi tra loro e rendere legale l’incesto. Salvo poi scoprire che padre e figlio erano due gay americani che si erano adottati a vicenda, per poter avere una minima forma di tutela prima dell’era Obama e dell’approvazione del matrimonio egualitario. Farai comunque la felicità di molti. A cominciare di chi ti leggerà come fulgido esempio di fake news su cui farsi qualche risata, durante la coda all’agenzia delle entrate.

In esilio dalle discoteche

Ipotesi n. 3: brava eri brava, diciamoci la verità. Sapevi ballare e il pubblico ti osannava, quasi incondizionatamente. Hai pure avuto la fortuna di diventare icona gay – che in Italia basta anche poco, come indovinare il colore della tinta per capelli, per intendersi – e l’unica canzone per cui si ricorda il tuo tentativo di sfondare anche come cantante viene ballata nelle discoteche di tutto il Belpaese, che vuoi mettere sfarfalleggiare le mani ostentando, con l’orgoglio che ci è tipico, l’intima essenza della propria passività? Salvo renderti conto, mentre gli anni si posano sul tuo contorno occhi come gli uccelli sulle spalle di san Francesco, che lì sei rimasta. E allora non ci stai. Icona gay sì, ma a modo tuo. E allora vai di dichiarazioni contro le famiglie omogenitoriali. Perché un bambino ha bisogno di un papà e di una mamma. Selfie al seguito, con qualche sposa sottomessa tua amica che per qualche inspiegabile motivo è poi quella che porta i pantaloni in casa. Ottenendo, come unico risultato, di non passare nemmeno in discoteca. Però, adesso, al Family day tutti ti adorano. Vuoi mettere?

Il ruggito dell’afide

Ipotesi n. 4: per una vita sei stata una velata, soprattutto quando negli anni della fama ti proponevi come idolo per ragazzine urlanti. Poi pian piano, cominci ad apparire sempre meno. Persino sulla copertina adesiva di Cioè. Magari partecipi a qualche trasmissione nazional-popolare per avere l’ultimo colpo di coda di notorietà, salvo poi ripiombare nel nulla dal quale sei arrivato. Ed è lì che capisci che la carta dell’omosessualità è l’ultima chance per ottenere un residuo fama. Recuperando frasi e argomenti avveniristici, come quelli di bollare i pride come baracconate e che c’è bisogno di maggiore senso del decoro. E magari, mentre lo dici, strizzi l’occhiolino, dove hai passato la matita poco prima. La cosa bella è che l’operazione ti riesce anche, in un certo qual modo: perché lo trovi sempre chi, sul web, pensa che tu sia degno di ascolto solo perché sei gay o chi si indigna per quell’afflato allo scandalo, al cospetto di qualsiasi ruggito, fosse anche di un afide.

Il modello Heather

Conclusione: eppure una via d’uscita c’è. Ricordate le “Cicale ci cale ci cale” e la formica che “invece non ci cale mica”? Vedete come bastano poche sillabe per risvegliare in noi l’evocazione di una gloria tanto antica quanto imperitura? Ripensate, con affetto, a una spaccata roboante, al suono di Crilù o ancora alle mossette irriverenti di Disco bambina? Ebbene, il modello Heather Parisi potrebbe essere la soluzione. Che non solo raccolti i fasti della sua popolarità è rimasta tale – sarà quella cosa chiamata “talento” che ti lascia nel cuore dei tuoi fan? – senza sentir l’esigenza di divenire la caricatura di se stessa, ma è pure frociarola inside. E questo, scusate se siamo di parte, ce la rende anche particolarmente simpatica. Poi, fate un po’ voi.

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