Politica&diritti

Le guide di Gay Lex: i contratti di convivenza

Nell’ultima guida abbiamo iniziato a parlare della seconda parte della legge 76 del 2016, ovvero quella delle convivenze di fatto, riservata – lo ricordiamo – sia alle coppie omosessuali che a quelle eterosessuali.
Tale istituto è divenuto fruibile dal 5 giugno, ovvero trascorsi 15 giorni dalla pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale e in data 1 giugno il ministero degli interni ha diramato una circolare con le istruzioni agli uffici anagrafe.

La scorsa settimana abbiamo parlato dei contenuti di diritti che garantisce la convivenza di fatto (commi dal 36 al 49 dell’articolo unico della legge).
Oggi parleremo invece del contratto di convivenza.

Il comma 50, infatti, prevede che “i conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza”.
Il contratto deve avere la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato (comma 51) il quale provvede a depositarlo presso il comune di residenza della coppia entro 10 giorni dalla sottoscrizione (comma 52).
Nei commi successivi (da 53 a 58) vengono spiegate le modalità di redazione e di modifica del contratto di convivenza, il trattamento dei dati, le cause di nullità e altre questioni più tecniche.
Nel comma 59, poi, viene spiegato in che modo può risolversi (ovvero interrompersi) il contratto di convivenza, ovvero accordo delle parti, recesso delle parti, matrimonio o unione civile fra le parti o fra una delle parti e un terzo, morte di una delle parti.
Seguono poi altri commi (da 60 a 63) che spiegano le modalità e le prescrizioni circa la risoluzione del contratto di convivenza, nonché l’individuazione del giudice competente in caso uno dei due contraenti sia straniero (comma 64).

Al comma 65, infine, viene illustrato quello che è l’unico dovere formalmente esplicitato circa le convivenze di fatto: ovvero l’obbligo di alimenti che ricade su un ex convivente nel caso in cui l’altro “versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento”.
È un giudice a stabilire se vi è questo diritto e gli alimenti devono essere “assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza”.
È importante sottolineare che gli alimenti sono ben diversi dall’assegno di mantenimento previsto a seguito di divorzio nel matrimonio (e nell’unione civile): gli alimenti, infatti, vengono concessi sono nel caso il soggetto versi in stato di bisogno.

Vale la pena notare, dalla lettura della scorsa guida e di questa, come dalle convivenze di fatto siano esclusi due dei più importanti diritti che sono presenti con il matrimonio e con le unioni civili, ovvero i diritti successori e il diritto alla reversibilità della pensione.

Prossimamente in una guida successiva analizzeremo le criticità di questo nuovo istituto nonché le modalità pratiche per accedervi.

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