La polizia statunitense ha ucciso uno studente Lgbti, nel campus dell’Università di Atlanta, in Georgia. I fatti sono avvenuti sabato scorso, 16 settembre, ma sono stati resi noti solo ora. Scout Schultz, 21 anni, studiava ingegneria informatica, era un attivista intersessuale bisex non binario.
Un video, girato da un altro studente del campus e ora in mano degli inquirenti, mostrano gli agenti che tentano di parlare con Schultz diverse volte. Si sentono i poliziotti esclamare: “Andiamo, ragazzo, lascia andare il coltello” e anche “Nessuno vuole farti del male”.
Schultz, però, non ha risposto agli inviti degli agenti ed ha urlato “Sparatemi” camminando verso gli agenti.
Uno di loro ha dunque sparato raggiungendo Schultz al cuore: lo studente è morto 30 minuti dopo, al Grady Memorial Hospital.
Schultz era presidente della Pride Alliance, un’associazione interna al Campus che si occupa dei diritti delle persone Lgbt.
Gli altri attivisti hanno pubblicato un post sulla pagina Facebook del gruppo in cui scrivono: “Scout ci ricordava sempre di pensare in modo critico a proposito dell’intersezione delle identità e di come una moltitudine di fattori influiva sull’esperienza di ognuno all’interno del campus e fuori. Perché non hanno usato qualche sistema non letale?”.
Una domanda che fa anche la madre, Lynne Schultz. “Perché non hanno usato qualche dispositivo non letale, come lo spray al pepe o il taser?” ha dichiarato alla stampa locale. Ma la polizia in servizio al Tech Department dell’Università non ha taser in dotazione. Secondo le regola in vigore in Usa, gli agenti possono sparare ogni volta che sono convinti di essere davanti ad un pericolo imminente. Ma se è vero che Scout aveva solo un coltellino multiuso, il pericolo appare assai ridotto. La donna ha raccontato che Scout aveva sofferto di depressione ed aveva tentato il suicidio, due anni fa.
Nessuno tra gli amici di Schultz, però, crede all’ipotesi che abbia fatto di tutto per farsi ammazzare dalla polizia.
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