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Just married: così gli Usa sono arrivati al matrimonio egualitario

È di recentissima pubblicazione il libro di Roberto De Felice, Just married. Il matrimonio same-sex nella giurisprudenza degli Stati Uniti (1970-2015), edito da Mimesis (331 pp., 24 euro). Un testo in cui si parla della vicenda americana e della sua singolarità: gli Usa, infatti, hanno approvato il matrimonio “per tutti” attraverso la strada giudiziaria e, quindi, attraverso l’intervento delle corti. Abbiamo incontrato l’autore – per altro avvocato e membro di Rete Lenford – che ci ha rilasciato la sua prima intervista sull’opera.

Una cosa che salta all’occhio, guardando il titolo del libro, è la data: 1970. Davvero si parte da così lontano?

In America c’è un percorso di lotte giudiziarie che inizia, appunto, nel 1970. Quell’anno, per la prima volta, una coppia di studenti del Minnesota ha fatto causa al giudice locale competente, impugnando il diniego della licenza matrimoniale che avevano richiesto. Hanno perso in primo grado e la causa è finita direttamente alla Corte Suprema, perdendo anche lì. Quarantacinque anni dopo abbiamo avuto la sentenza Obergefell che ha riconosciuto che il matrimonio è un diritto fondamentale, anche per le coppie same sex. Lì comincia questa lotta.

E poi, cosa è successo in questi anni?

Ci sono state altre sentenze, tutte respinte. L’argomentazione più diffusa, vocabolario alla mano, era che il matrimonio era solo tra uomo e donna. Qualche anno dopo, tuttavia, tra il 1993 e il 1996 negli USA si entra nel panico. Alcune coppie che si erano rivolte alle corti vincono nello stato delle Hawaii. Nasce allora il Doma – Defence of marriage act – prima a livello federale, poi nei singoli stati. Legge che impedisce il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso.

E quindi?

Quindi arriviamo al caso Windsor (New York), nel 2013. Causa abbastanza rapida: si trattava del rimborso di una tassa federale. Una deliziosa signora, Edith Windsor, aveva perso la compagna sposata in Canada ed era stata costretta a pagare l’imposta di successione come se fosse una persona estranea. Anche lì, il governo aveva respinto la richiesta. Il contesto americano era quello in cui ben trentasei stati su cinquanta avevano approvato i cosiddetti mini-Doma, di tipo locale, che vietavano sia la celebrazione sia il riconoscimento dei matrimoni celebrati fuori dai singoli stati. Il caso Windsor fu però accolto: la corte dichiarava incostituzionale il Doma.

Roberto De Felice

Dopo il caso Windsor, come ci si muove nell’ambito degli Usa? Come si passa dal divieto dei Doma alla vittoria finale?

Da una parte c’è il lavoro delle associazioni: bisogna dare atto alle associazioni di tutela dei diritti per le persone Lgbt di aver agito con grande intelligenza. Si sono mosse prima sugli stati più progressisti, come il New England, ottenendo i primi risultati. E ci si è mossi, successivamente, verso quelli più conservatori. Poi ci sono le azioni dei singoli legislatori, che una volta vinte le elezioni hanno creato leggi apposite. E non ultima, l’azione delle corti che è stata fondamentale. Ci sono state numerose pronunce di molti giudici federali che hanno sancito che il matrimonio è un diritto fondamentale di ogni persona. Si è capito in altri termini che le persone omosessuali, nelle loro unioni, svolgono la stessa funzione sociale di una coppia eterosessuale e quindi non c’è nessuna ragione per discriminarle. È così che si arriva alla storica sentenza Obergefell del 2015.

Facciamo un parallelo con la situazione italiana. Anche qui c’è stata un ricorso alle corti, dalla sentenza del 2010 al riconoscimento dei matrimoni contratti all’estero. Pensi che se si fosse continuato su quella strada avremmo avuto anche noi il matrimonio? Le unioni civili in tal caso sarebbero uno stop a quel processo?

Non ho la palla di vetro, questo non posso saperlo. Penso tuttavia che questi passi siano, come nella boxe, una tecnica per lavorare ai fianchi l’avversario. A suo tempo, la giudice della Corte Suprema Federale, Ruth Bader Ginsburg, ha rilasciato un’importante intervista in cui diceva che quando in America ci si è impegnati per i diritti dei neri, i giudici erano in maggioranza bianchi e che questi ultimi vivevano separati dai neri. Oggi non è più così. C’è commistione tra i gruppi. Anche per le coppie same sex è così. In Usa in ogni condominio c’è almeno una coppia gay o una famiglia omogenitoriale.

Quindi la legge sulle unioni civili è un buon inizio?

Al di là dei suoi limiti, nel caso italiano la legge sulle unioni civili – a patto che sia applicata – può comportare un cambiamento sociale. Ma dobbiamo essere noi, con il nostro esempio, i primi a generare questa rivoluzione culturale, visto che la nostra classe politica non è ancora pronta. Conosco persone che stanno in coppia da decenni e hanno paura a dichiararsi. Fino a quando gay e lesbiche avranno paura a far sapere di vivere insieme, come possiamo pretendere dagli altri che si riconoscano i nostri diritti?

La folla festante negli Usa

Sull’estensione del matrimonio egualitario, anche qui in Italia si dice che se guardiamo il termine esso prevede la presenza della donna dentro l’unione e che la Corte Costituzionale ha ricordato che i padri fondatori non avevano previsto il matrimonio tra persone dello stesso…

È un vizio, questo, chiamato originalismo. Nei processi contro lo schiavismo, negli Stati Uniti, si diceva che i padri fondatori non avevano previsto nella Costituzione americana il concetto di libertà anche per i neri. In Canada, per essere senatore, dovevi soddisfare alcune condizioni. Si diceva sempre che “lui” (he), il potenziale candidato, doveva avere un certo censo, dei limiti d’età, ecc. Ai ricorrenti, coloro che volevano abbattere questo tipo di limitazioni, veniva sempre opposta l’intenzione di chi aveva scritto certe regole. La nostra Costituzione è un albero vivo, è normale che settant’anni fa non fossero previsti i matrimoni egualitari. Andando avanti così, avremmo però ancora lo schiavismo in Usa. Il mio libro serve anche a contrastare questo tipo di argomentazioni, al di là di ricostruire la storia dell’estensione del matrimonio oltre oceano.

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