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HIV: pro e contro della profilassi da pre-esposizione (PrEP)

La serie televisiva Looking trasmessa da HBO (Lannan, 2014) che segue la vita di tre uomini gay a San Francisco ed alcuni episodi di altre serie TV come Grey’s Anatomy o Sex and the City hanno posto l’accento su un tema molto importante quale l’uso del farmaco Truvada (Tenofir) come metodo per contrastare il contagio dal virus HIV che, in gergo tecnico, si chiama “profilassi da pre-esposizione” (PrEP).
La profilassi da pre-esposizione (PrEP) indica, quindi,
un intervento farmacologico, prima di una possibile esposizione all’HIV, essenzialmente attraverso rapporti sessuali, con l’obiettivo di prevenirne il contagio. Si basa sui principi farmacologici del trattamento antiretrovirale utilizzato per l’HIV e la somministrazione avviene per via orale attraverso una pillola giornaliera o tramite applicazione locale di un gel direttamente sulle mucose genitali. Tale trattamento farmacologico è stato approvato dalla Food and Drug Administration in USA e UK e sembra essersi dimostrato sicuro ed efficace, contrastando il contagio da HIV attraverso le proprietà del farmaco di interferire sulla capacità riproduttiva del virus HIV dopo l’esposizione. I principali studi clinici relativi alla PrEP sono stati avviati negli USA dato l’incremento di diagnosi da HIV soprattutto nella popolazione MSM (maschi che fanno sesso con maschi) rispetto all’incidenza generale. Ad oggi i tre studi principali Proud, Ipergay e IPrex-ole sono i più rinomati e quelli che richiamano la maggiore attenzione anche nella conferenze mondiali. Tali studi, condotti in modo diverso tra loro, hanno dimostrato che l’assunzione di Truvada nei soggetti sani riduce l’acquisizione dell’Hiv fino all’86% (McCormack S et al. Pragmatic Open-Label Randomised Trial of Preexposure Prophylaxis: The PROUD Study. 2015)

Seguendo l’ottica preventiva condivisa dalla stessa NPS Onlus bisognerebbe sicuramente optare per una cultura della prevenzione basata sulla responsabilizzazione delle persone e sull’assunzione di comportamenti sessuali corretti che tutelino non solo la salute del singolo, ma anche la salute di tutta la comunità. La profilassi pre-espositiva lavora infatti solo su un livello, cioè come difesa contro l’HIV, con un’efficacia del 78% (Robert M. Grant et al, Chemoprophylaxis for HIV prevention in men, 2011 – Studio Iprex) quindi utilizzare tale metodo non deve porsi come alternativa all’utilizzo del preservativo che, bisogna ricordare, offre una protezione nel 98/99% dei casi, non solo per l’HIV ma anche per tutte le altre malattie sessualmente trasmesse (MST)  come Epatiti, Hpv, Clamidya, Herpes simplex, Condilomi, Trichomonas, Sifilide che esistono sicuramente; talvolta solo più trascurate (Iardino, 2015)

Questo tipo di informazioni rischiano di creare distorsioni e di vedere tale prodotto come “la soluzione definitiva” (che non è) alla patologia e che va sicuramente contestualizzata all’interno dei sistemi sanitari nazionali differenti. Infatti, se in USA vi è un sistema medico assicurativo e prettamente privatizzato con una spasmodica corsa al farmaco per ridurre i sintomi creando un forte mercato farmacologico, in Italia il sistema sanitario previdenziale dovrebbe anche tenere presente i costi di tali trattamenti farmacologici, dunque favorire innanzitutto un clima educativo. Un altro importante aspetto è il rischio di “patologizzare” l’individuo sano che inizia un trattamento farmacologico costante con tutte le implicazioni relative a costi, rischi ed effetti collaterali non ancora troppo investigati, nel momento in cui altri metodi (cfr preservativo) sono chiaramente più efficaci, a largo spettro di protezione e prevenzione nonché decisamente meno interferenti con l’attività fisiologica corporea. Banalmente, il preservativo sembrerebbe essere, ancora una volta, la via più facile.

L’intervento preventivo e di promozione del benessere psicosessuale dell’individuo passa sicuramente e in prima battuta attraverso il concetto di rispetto, per sé e per l’altro diverso da sé. Altresì, l’informazione, l’educazione e la consapevolezza dovrebbero porre la basi fondanti per una sessualità sana, matura ed adulta e questo si può fare attraverso un clima assertivo sia all’interno della famiglia, della scuola e della comunità.

Le associazioni italiane stanno seguendo da tempo la vicenda, seppur con pareri diversi tra loro. A sintesi di questo è recente la firma da parte di alcune di loro del documento di appello per la profilassi PrEP durante l’ultima conferenza Croi 2015 a Seattle, dove chiedono all’Ema (European Medicines Agency) di dare l’opportunità di scegliere anche la PrEP come strumento di prevenzione.

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Tags: aidsHIV

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