Politica&diritti

Cari Lgbt grillini, con quale coraggio verrete ai prossimi pride?

L’elezione dei presidenti di Camera e Senato costituisce, prima ancora del momento storico in sé – ovvero, l’elezione della prima donna alla seconda carica dello Stato – la dimostrazione che il nostro sistema politico si fonda su profonde contraddizioni. Queste non si configurano come eccezioni, come bug di sistema. Esse sono, invece, il sistema. Almeno dal berlusconismo in poi: per cui, una serie di fatti che potremmo definire folli e lontani dalla logica (anche democratica) divengono invece normalità. Ma andiamo per ordine.

Il “duro&purismo” grillino

Bersani ai tempi dello streaming

La prima contraddizione investe il concetto – lo chiamerò “duro&purismo” – che ha caratterizzato per anni il M5S. Ricordate il 2013 e lo streaming in cui Bersani ebbe l’onere di dover interagire con personaggi del calibro di Lombardi e Crimi, per cercare di formare un governo? Allora gli astri nascenti della politica pentastellata opposero un no! implacabile a quel tentativo. Le conseguenze sono parte della storia: l’avvio delle larghe intese, il patto del Nazareno, l’ascesa politica di Renzi e tutto il resto delle macerie, civili soprattutto, che stanno davanti ai nostri occhi.

Il no a Bersani, il limone a Salvini

Il no! a Bersani rientrava nella logica di opposizione “dura&pura” al sistema. Animati da una forma di affezione per la profezia che si autoavvera, per cui il Pd è “kasta!” (non c’è refuso), hanno posto le condizioni per cui l’odiato inciucio avvenisse davvero. Furono cioè causa del fenomeno che erano andati a debellare in parlamento. Oggi, a cinque anni di distanza, qualcosa è cambiato: all’enorme difficoltà di fare accordi con Bersani si contrappone la facilità nel dialogare con Salvini. Qualcuno ci ha fatto pure un murale. E non solo: ora accettano i voti di quel partito (cioè Forza Italia) descritto più volte come produttore di corruzione, inciuci, interessi personali e altri animali (non) fantastici che sono la rovina del Paese.

Tra razzismo ed inciucio

Roberto Fico, presidente della Camera

Sul perché Bersani era parte del male, mentre Salvini rappresenti un interlocutore valido c’è poco da discutere. Su certi temi gli elettorati di Lega e M5S sono sostanzialmente interscambiabili, a cominciare dalle considerazioni sugli immigrati (sul dizionario si vada alla voce “razzismo”). Basta ricordare come si è comportato il MoVimento sullo ius soli. Oppure ricordare le uscite di Roberta Lombardi in campagna elettorale. Fa più specie, invece, il castello di giustificazioni che si stanno costruendo i militanti grillini per giustificare l’avvio del parlamento, pena il diluvio. Narrazione che fa a pugni con l’indisponibilità in passato più volte esibita a valore, nella logica democratica parlamentare ridotta ad “inciucio”.

Fico eletto coi voti di Berlusconi

Nella logica parlamentare, dovrebbe essere ovvio, mediazioni e compromessi sono inevitabili. Bisogna però capire qual è il meccanismo mentale in vigore adesso: se tali mediazioni le fanno gli altri, allora è merda; mentre se tocca a Fico prendersi i voti dei deputati forzisti (ma Silvio non era il Male?) allora diventa necessario “far partire le Camere”. Bel cul de sac! E pazienza se si è abbozzato su Casellati che, contrariamente alla morale grillina, ha fatto assumere la figlia al ministero della Sanità. Riecheggia, intanto, la parola “onestà” che rischia di diventare ciò che il termine “libertà” è divenuto sotto il berlusconismo: contenitore privo di significato, ma identificativo di un leader, un partito o una parabola politica.

Come i maiali di Orwell

Maria Elisabetta Casellati

Pare distrutto quell’esser “duri e puri” che partoriva divertenti e pavloviani “a casa!”, rivolti all’indirizzo dei politici di turno. Sostituito dal “duro&purismo” che si veste del manto (invisibile) dell’intransigenza, per poi essere declinato al “facciamo un po’ come cazzo ci pare” (mi si permetta la citazione colta) quando il calcolo politico lo richiede. E insomma, dovevano essere diversi. Sembrano un po’ come i maiali orwelliani che prima mandano via i Jones dalla fattoria, per poi sedersi a tavola con essi. Contrariamente a quanto accade nel libro, tuttavia, il “popolo” non se ne accorge. Ma questo è un altro dei nostri problemi.

Il tradimento delle istanze Lgbt

La seconda contraddizione è il tradimento (finale) delle istanze Lgbt da parte del M5S. C’è un vecchio detto americano sulla differenza tra destra e sinistra sui problemi dei gay: per la prima non esistono, la sinistra finge invece che esistano. Il M5S riesce a sposare entrambe le posizioni: a parole è a favore dei diritti civili, i fatti dimostrano il contrario. Ricordiamo le gioie sul canguro, fatto affondare (insieme alle stepchild adoption) per la solita intransigenza oggi perduta. Ma anche il totale silenzio in campagna elettorale su certe questioni ci dice tanto. E se oggi abbiamo una presidente omofoba è anche grazie al voto dei senatori e delle senatrici del partito di Grillo.

Contestazione a Rosy Bindi, per le sue dichiarazioni omofobiche

Casellati come Rosy Bindi

L’omofobia è vizio antico nelle nostre istituzioni. Le posizioni di Casellati su unioni civili e omogenitorialità sono speculari a quelle di Rosy Bindi, già esponente di punta del Pd. La stessa necessità di creare un istituto separato per gay e lesbiche ricalca il distanziamento dal matrimonio, tanto vagheggiato da Casellati. Gli attivisti Lgbt renziani evitino perciò di scandalizzarsi, visto che parte della filosofia della legge e le parole della presidente del Senato hanno la stessa matrice culturale. Si pone, adesso, un problema analogo per i “cinque stelle arcobaleno”: come hanno intenzione di far capire a Di Maio, e prima ancora a Grillo (quello delle barzellette su busoni e trans), che aver eletto un’omofoba va in contraddizione con la loro presenza nel MoVimento? Noi, intanto, prepariamo il pop corn.

Pride? Gli attivisti 5s se ne stiano a casa

Il murale con Salvini e Di Maio

Dubito che le maestranze grilline abbiano la capacità, la forza, la cultura e la volontà di affrontare la questione. Ma questo è un mio giudizio, a priori. Resta, comunque, la contraddizione. Fossi in loro, comunque, eviterei di far vedere bandiere pentastellate nei prossimi pride. Un attivista gay e grillino (non c’è ossimoro, voluto almeno), dovrebbe avere non pochi problemi, a giugno, a prender parte a cortei la cui mission è quella di combattere le barzellette di Grillo su busoni e trans, così come gli accordi sulla pelle di milioni di persone Lgbt. Forse, ed è un mio pensiero, a questo giro il M5S “arcobaleno” farebbe bene a starsene a casa e a riflettere. Profondamente. O almeno a prendere distanza formale dai propri vertici, prima di parteciparvi.

Un accordo con forze razziste e omofobe

Concludendo: credo che qualsiasi accordo con forze razziste, omofobe e – se vogliamo – anche ammiccanti al fascismo denunci scelte politiche qualificanti, nel senso che esse ci dicono quale politica verrà messa in atto. Queste scelte sono anche de-qualificanti, nel senso che ci dicono verso quale punto di degrado siamo destinati a finire, allo stesso tempo. Il M5S ha cominciato questa legislatura con un doppio errore: ha tradito i suoi principi di purezza per spartirsi le poltrone e ha scelto l’accordo con quelle forze razziste, omofobe e ammiccanti al fascismo. E questo è un fatto. Poi, si valuteranno le cose fatte e lì arriveranno i giudizi. A posteriori.

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