Politica&diritti

Ha senso parlare di reato universale per la gestazione per altri?

Nessuno dei programmi dei partiti che si presentano per le prossime elezioni affronta chiaramente il tema della gestazione per altri. Ma questo non è stato sufficiente a tenerlo fuori dalla campagna elettorale. Se Laura Boldrini, intervistata da Repubblica TV, si è detta favorevole a una regolamentazione, dall’altra parte dell’arco parlamentare Giorgia Meloni ha promesso che, se Fdi andrà al governo, prevederanno il reato universale.
Ne abbiamo parlato con Stefania Stefanelli, giurista dell’Università di Perugia che il prossimo 10 marzo sarà a Roma come relatrice al convegno “Gestazione per altre ed altri – genitorialità tra desideri, diritti e doveri” organizzato da Famiglie Arcobaleno.

La professoressa Stefania Stefanelli (foto: Facebook)

Professoressa Stefanelli, la legge italiana vieta la gestazione per altri: è corretto?
“Sì, è così. La giurisprudenza interna, però, ha escluso che sia reato se un cittadino italiano ricorre alla gpa in uno Stato in cui è una pratica legale e regolamentata. Inoltre la Cassazione ha stabilito che se all’estero è una materia disciplinata, in Italia non è così chiaro se si possono sanzionare solo le cliniche che la praticano o anche le persone che vi ricorrono. Ma l’argomento è tutt’altro che chiaro”.

In che senso?
Lo scorso febbraio la prima sezione civile della Cassazione ha emanato una sentenza in cui fa una gran confusione tra la procreazione assistita per le coppie gay e la gpa, lasciando intendere, tra l’altro, che siano solo le coppie dello stesso sesso a ricorrere alla surrogazione di maternità. Sappiamo, invece, che non è affatto così e che, anzi, sono soprattutto coppie eterosessuali che diventano genitori in questo modo. Ma a parte questo, la stessa sentenza distingue due aspetti della questione. Una cosa è l’eventuale sanzione per avere fatto ricorso ad una pratica che in Italia è vietata, un’altra la tutela del superiore interesse del minore che nasce.  Un principio di giustizia sostanziale che si deve affermare è che non può essere il minore a subire gli effetti di un eventuale illecito commesso dai suoi genitori.

Questo cosa vuol dire?
Vuol dire che bisogna capire che effetti avrebbe una sanzione penale verso i genitori rispetto allo status del figlio. Per capirci: se si decide di punire penalmente (e quindi con la detenzione) chi ricorre alla gestazione per altri, che fine fanno i figli che sono nati? Non sono più figli loro? E come si stabilisce questo, dato che almeno uno dei due genitori ha fornito parte del patrimonio genetico? Pensiamo alle coppie etero, poi. Se l’uomo mette lo sperma e la donna l’ovulo, mentre la gestazione viene portata avanti da un’altra donna, in base a quale criterio si stabilisce che il bambino che nasce non è più figlio della coppia che l’ha voluto e che è anche biologicamente legata a lui? Inoltre, c’è sempre il diritto all’identità dell’individuo e l’identità si forma non solo con il patrimonio genetico, ma anche con le relazioni tra genitori e figli, cioè tra chi alleva un figlio fin dalla nascita e il bambino stesso.

Quindi anche istituendo il reato universale, l’applicazione non impedirebbe il ricorso alla pratica.
No. Permetterebbe solo di punire i genitori che vi ricorrono, ma difficilmente potrebbe togliere lo status di figlio al bambino. Non avrebbe davvero senso. A meno di non volere che a farne le spese siano i minori. E poi, non dimentichiamo che in Italia le donne che rimangono incinte senza ricorre alla procreazione medicalmente assistita possono partorire anonimamente.

La locandina del convegno di Famiglie Arcobaleno

E cosa c’entra questo con la Gpa?
Cosa vieta, allo stato attuale, ad una coppia gay di pagare una donna per fare un figlio imponendole il parto anonimo? A quel punto lo riconoscerebbe solo il padre biologico e sarebbe molto difficile capire che si è trattato di una gravidanza commissionata. E ancora, chi potrebbe impedire a quel padre, dopo il parto, di fare una donazione in denaro alla donna che ha partorito, che sarebbe anonima per lo Stato? Attenzione, non un pagamento, ma una donazione. Nessuno può impedirmi di donare del denaro a chi voglio. In una situazione del genere, come gestiamo tutta la questione del diritto all’identità di una persona che passa, anche, dalle origini genetiche? Oltre che dello sfruttamento delle donne, naturalmente.

Sta dicendo che è meglio regolamentare la pratica che vietarla sic et simpliciter?
Certo. Non si risolve la questione con il reato universale, cioè sanzionando le persone che ricorrono alla Gpa anche se lo fanno fuori dall’Italia. I bambini continueranno a nascere lo stesso, ma senza la garanzia di alcun diritto.

Una delle obiezioni è che legalizzando la Gpa si favorisce lo sfruttamento della donna e la sua mercificazione, perché c’è un passaggio di denaro.
Quella del passaggio di denaro è una falsa questione. Immaginiamo un sistema in cui, pur legalizzata, è consentita solo a titolo gratuito, senza garantire alla donna eventuali spese sanitarie o una forma di indennizzo (perché, ricordiamocelo, buona parte delle lavoratrici in questo paese non ha la maternità garantita sul lavoro). Questa sì che sarebbe una forma di sfruttamento, perché la donna dovrebbe fare ricorso alle proprie risorse economiche per portare avanti la gestazione.
Regolamentarla significa, poi, garantire diritti e tutele a tutte le parti coinvolte, in primis la partoriente e il bambino che nascerà.

Non possiamo negare che ci siano delle criticità anche nella regolamentazione. Ad esempio, alcuni contratti esteri stabiliscono che la gestante non abbia il diritto di scegliere se abortire o no, ma ce l’abbia la coppia di genitori intenzionali.
È chiaro che va studiato un modello adeguato anche alla tradizione giuridica e alla cultura del nostro paese. Il diritto all’interruzione di gravidanza, ad esempio, deve rimanere esclusivamente in capo alla donna che porta avanti la gestazione. È una questione di garanzia della sua integrità fisica e psicologica e non può essere messa in discussione. Come anche la libertà di disporre del proprio corpo, senza condizionamenti.

 

(in collaborazione con Famiglie Arcobaleno)

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