Le guide di Gay Lex: discriminati sul lavoro perché gay? Ecco cosa fare

La vicenda dei giorni scorsi di Bressanone, sebbene si sia risolta grazie ad una transazione prima della conclusione del processo, ha visto l’applicazione diretta del D.Lgs 216/2003, che recepisce la Direttiva Ce 78/2000 in tema di discriminazioni sul lavoro (anche) legate all’orientamento sessuale, unica legge che espressamente tutela, ad oggi, un cittadino italiano in caso di omofobia (anche se limitatamente all’ambito lavorativo).
Il D.Lgs 216/2003 all’art. 2 definisce innanzitutto proprio il concetto di discriminazione diretta e indiretta.

La discriminazione diretta si ha quando, sulla base di determinate caratteristiche (quali ad esempio l’orientamento sessuale o l’identità di genere), e senza alcuna giustificazione, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata, un’altra persona in una situazione analoga. È il caso di una persona che non venga assunta perché gay, lesbica, bisessuale o trans.

La discriminazione indiretta si ha quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone di un determinato “gruppo”. Ad esempio degli avanzamenti di carriera concessi solo a lavoratori sposati sarebbero discriminatori in quanto le persone gay e lesbiche non possono contrarre matrimonio. Allo stesso modo, come nel caso di Bressanone, la concessione di un congedo matrimoniale solo ai lavoratori eterosessuali.

Non solo possono esserci diversi tipi di condotte (che agiscono in modo diretto e indiretto) attraverso cui si manifesta una discriminazione, ma anche diverse aree e momenti in cui si manifesta la discriminazione stessa.

Il decreto 216/2003 di cui abbiamo già parlato, fa specifico riferimento alle seguenti aree:

– accesso all’occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione;

– occupazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti di carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento;

– accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali;

– affiliazione e attività nell’ambito di organizzazioni di lavoratori, di datori di lavoro o di altre organizzazioni professionali e prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni.

ll decreto prevede che chi dovesse ritenere di essere discriminato per via del proprio orientamento sessuale può rivolgersi al giudice perché quest’ultimo faccia cessare il comportamento discriminatorio: tale tutela giurisdizionale dei diritti è prevista all’art. 4 del Decreto (in particolare al comma 5) ed è quella che è stata applicata nel procedimento di Bressanone.

Un discorso a parte merita invece la questione relativa al mobbing, che verrà approfondita prossimamente in un’altra guida: non è possibile, all’interno del decreto 216/2003 individuare una definizione di mobbing, mentre invece il legislatore espressamente pone l’accento sul concetto di molestie in ambito lavorativo.

La tutela del lavoratore LGBT discriminato si attua dunque principalmente, e in modo specifico, attraverso il decreto 216/2003.

Vi sono altre forme di tutela, però, che nel tempo il legislatore e la giurisprudenza hanno approntato per la tutela del lavoratore, anche omosessuale, anche se non specificamente. Fra queste ricordiamo innanzitutto la legge n. 300 del 1970, nota come “Statuto dei lavoratori” (tutela ridimensionata dalle recenti riforme), il Testo Unico Sicurezza Lavoro (TUSL), ovvero il D.Lgs. 81/2008 (che contiene diverse norme intese a garantire non solo la sicurezza ma anche il benessere del lavoratore), l’evoluzione giurisprudenziale delle Corti Italiane del concetto di mobbing e l’istituzione dei Comitati Unici di Garanzia (CUG) con D.Lgs. 138/2010, volti a creare un ambiente maggiormente paritario a livello lavorativo nella pubblica amministrazione e la tutela dei soggetti in essa discriminati.

Attraverso l’uso consapevole di questi strumenti, spesso in sinergia, è possibile dunque contrastare o almeno arginare il fenomeno della discriminazione sul lavoro ai danni delle persone LGBT.

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