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Il Lovers Film Festival di Torino a rischio: sarà solo una costola del Festival del Cinema?

C’è molta tensione a Torino dopo le dichiarazioni poco chiare rilasciate oggi da Laura Milani, Presidente del Museo del Cinema, ente sotto cui ricade il Lovers Film Festival (Torino gay and lesbian film festival, fino a due edizioni fa).

Laura Milani, presidente del Museo del Cinema

Intervistata dal Corriere della Sera, infatti, Milani ha dichiarato che il Torino Film Festival ha bisogno di più spazi e che, invece, il Lovers e Cinema Ambiente (altra rassegna tematica) “sono più deboli e quindi…”. Parole che non rassicurano né la dirigenza di Lovers né la comunità lgbt torinese che da anni collabora con la realizzazione del festival stesso.

Solo sezioni del Film Festival?

Incalzata dal giornalista, Milani non si sbilancia. Non chiarisce se diventeranno “costole” del TFF o cos’altro potrebbe succedere. “Non spetta a me deciderlo – si limita a dire -. A me spetta gestire meglio per non tagliare posti di lavoro né le eccellenze acquisite in vent’anni”.
Fatto sta che il 29 novembre, tra appena due giorni, Milani presenterà ai soci fondatori una sorta di piano di ristrutturazione redatto, sempre stando al Corriere, in tutta solitudine.
Il quotidiano prevede i piani che la presidente presenterà e in questi piani il Lovers e Cinema Ambiente saranno “accorpati” al TFF. Non più eventi indipendenti, dunque, ma solo “sezioni” del festival del cinema. In che termini, non è chiaro.

Irene Dionisio, direttrice del Lovers

Dionisio: “Non credo lo faranno: ci sono date già fissate”

“Naturalmente, io sono per un festival autonomo e indipendente, ma non sono preoccupata – commenta a Gaypost.it la direttrice del Lovers, Irene Dionisio -. Ci sono delle date già stabilite e un programma per il prossimo anno che sarà discusso nei dettagli dopo il TFF”. Secondo Dionisio, insomma, si tratta solo di un passaggio strutturale. “Non sapevo niente di quello che riportano oggi i giornali – continua -. Potrebbero anche avere scritto cose non vere. Ho parlato con la presidente e mi ha detto che il museo ha fatto questi passaggi come ogni anno”. “Non credo faranno quello che riportano i giornali – conclude -. Magari si tratta solo di un accorpamento amministrativo che non ha a che fare con la parte artistica del festival”.

L’incontro troppo tardi

Qualche voce circolava già, a dire il vero, tant’è che il Coordinamento Torino Pride, in una nota, spiega di essere “in apprensione” e di avere contattato giorni fa la presidente per ottenere un incontro. La risposta è stata positiva, certo. Ma l’appuntamento è fissato per il 5 dicembre, e cioè dopo che Milani avrà presentato il piano ai soci. A cose fatte, insomma.

“Mantenere intatta l’autonomia”

Alessandro Battaglia, coordinatore del Torino Pride

“Siamo apertissimi all’idea di un festival in evoluzione – spiegano le associazioni del Coordinamento – che però mantenga intatta la sua autonomia e la sua declinazione. Per evitare che, con un sol colpo di pennello, vengano cancellati i due più importanti atout della più che trentennale manifestazione”.
Quali? Il coordinamento lo spiega così: “Il valore sociale, oltre che culturale, e il ruolo che ha, non solo per la comunità ma per tutte le persone intelligenti e la storia che porta con sé e che ora è patrimonio, non solo del Museo del Cinema ma di tutte le cittadine e i cittadini. Un valore che il festival ha e che gli è riconosciuto a livello mondiale”.

“Evapora un patrimonio di tutti”

Per le associazioni torinesi, “snaturarlo, trasformarlo in una sezione o chissà cos’altro, farebbe evaporare un patrimonio acquisito, al netto di edizioni più o meno riuscite, che sarebbe folle disperdere”. Il punto sarebbe, infatti, che lo scorso anno il Lovers ha registrato meno presenze dell’anno precedente passando da 30 mila a 23 mila. Colpa del ritardo dovuto al cambio di direzione? Difficile dirlo.
Dal Torino Pride, però, non hanno dubbi. “Si abbia piuttosto il coraggio politico di sostenerlo davvero – si legge ancora nella nota – o di prendere la decisione di chiuderlo. Invece di condannarlo a un’agonia lenta e a spese dei contribuenti. La Comunità LGBT, come il Festival, il Museo e la politica sanno bene, è pronta a fare la sua parte qualora voluta”.

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