Avevo deciso di non parlare di Game of Thrones, un po’ perché non mi piace spoilerare e so quanto gli appassionati e le appassionate siano sensibili su questo tema, un po’ perché – da affezionato fan – avrei voluto godermi lo spettacolo soffrendo, tifando e sperando in santa pace. E invece no. Ci si è messa lei, Giorgia Meloni. La regina del non farcela (ricordate la storia del Museo Egizio a Torino? Ecco…), infatti, ha avuto la sciagurata idea di utilizzare la grafica del Trono di Spade per fini elettorali. Chi non segue la serie tv, non sa quanto questo possa risultare sacrilego. Proverò a spiegare perché. E chiedo venia, se c’è il RISCHIO SPOILER è proprio per colpa della leader di Fratelli d’Italia. Prendetevela con lei (o quanto meno, non votatela).
Per cominciare, la retorica anti-immigrati tirata in ballo nello spot elettorale – in cui si cita la terza puntata – è il più clamoroso errore di interpretazione della serie targata HBO. “Invasi da masse di estranei? Non oggi” recita lo slogan scelto, forgiato (si fa per dire) con i font di Game of Thrones.
Eppure, se Giorgia Meloni avesse visto il telefilm – che il dubbio poi ti viene – o, in caso affermativo, se l’avesse capita (e qui sorgono certezze granitiche in senso opposto), saprebbe che l’accoglienza del migrante è un valore importante dentro la serie. Infatti Jon Snow, il protagonista, apre la Barriera al Popolo libero, gente seminomade che vive a nord dei Sette Regni. Proprio perché, al di là del confine settentrionale, gli Estranei stanno arrivando e c’è il rischio che quelle popolazioni vengano sterminate. Jon Snow viene pure pugnalato a morte, per questo, in quanto visto come un traditore dai suoi confratelli. La retorica della non accoglienza, insomma, è un gigantesco epic file. E getta altri sospetti su un potenziale analfabetismo funzionale di Giorgia, riguardo a quanto visto in tv.
Il ruolo delle donne, in Game of Thrones, non è per nulla assimilabile all’ideale fascista di Dio, patria e famiglia. In molte occasioni Daenerys Targaryen ci ha abituati alla sovversione dell’ordine costituito: si è impossessata dell’esercito degli Immacolati – rendendo libere intere città governate dagli schiavisti – e ha assoggettato i dothraki, barbari simili agli unni dei libri di storia, uccidendone tutti i capi, rigorosamente maschi.
La regina a sud è Cersei, una donna che non ha problemi a distruggere un tempio col suo sommo sacerdote, pur di non soccombere al fanatismo religioso (Giorgia, invece, è stata al Congresso di Verona). Sansa Stark riesce a imporsi a Grande Inverno, ottenendo la stima dei suoi sudditi. La giovane Arya, addirittura, ucciderà il terrificante Re della Notte. Tutti personaggi che si autodeterminano, a ben vedere, senza chiedere permesso agli uomini.
Dio, patria e famiglia, dicevamo? Nel Trono di spade è tollerato il politeismo. Ci sono i vecchi e i nuovi dèi e tutti sono ampiamente riconosciuti. Quando l’Alto Passero, uno che non avremmo problemi a trovare sul palco dei vari family day, prova a imporre una teocrazia basata sul fanatismo religioso, viene fatto fuori senza troppi scrupoli, insieme a tutta la sua setta. La patria, ancora, è un concetto abbastanza fluido: Sansa non sembra aver problemi a rompere l'”unità nazionale” dei Sette regni, pur di difendere la promessa fatta al suo popolo di non piegarsi più di fronte a sovrani stranieri (ma non ci provi, Salvini, a farne icona leghista. Il nord accoglie i migranti, abbiamo detto). La famiglia ha sì valore, ma è più importante l’onore nei confronti della parola data: Jamie abbandona la sorella, per mantenere la promessa di combattere contro l’esercito dei morti. E Tyrion uccide il padre, dopo anni di vessazioni.
E poi c’è il sesso: orge, incesti, tradimenti, amore libero. Jamie e Cersei, chissà se Meloni lo ha capito, sono fratello e sorella che scopano bellamente da anni. Arya, presagendo l’arrivo della morte, decide di perdere la verginità con un ragazzo a cui ordina di togliersi i pantaloni.
Renly Baratheon – Dio l’abbia in gloria, per quanto era bello – aveva una storia con ser Loras. Yara Greyjoy è tendenzialmente lesbica, mentre Ellaria Sand era bisessuale. A quest’ultima del defunto compagno piaceva ricordare che amava non solo molte donne, ma anche molti uomini. I valori, se vogliamo “cattolici” o tradizionali, di fedeltà coniugale e castità sono scelte che possono benissimo essere disattese. Il concetto di “secondo natura”, caro a certo fascismo di ritorno, non farebbe presa nei Sette Regni.
Per altro, se proiettato a scuola, Game of Thrones verrebbe bollato come “gender”, provocando non pochi mal di pancia all’elettorato di FdI. Brienne di Tarth, ad esempio, è una donna che ha rinunciato al suo ruolo di genere, vestendo abiti maschili, comportandosi come un uomo e vivendo secondo le regole dei cavalieri, divenendo lei stessa un cavaliere dei Sette Regni. E allo stesso modo Arya Stark si ribella all’ordine precostituito, che vuole la donna relegata a ricamare, divenendo un’abile guerriera e facendo “le cose che fanno i maschi”. Sulla libertà sessuale, poi, e una certa fluidità dei ruoli dentro le coppie abbiamo appena parlato.
Insomma, ogni cosa sembra suggerire che la sub-cultura della destra radicale non abbia niente a che spartire, con il messaggio più o meno implicito che spettatori e spettatrici possono trovare nel Trono di spade.
È vero, poi, che è vizio antico quello di appropriarsi di un certo tipo di fantasy di ambientazione medievaleggiante per portare avanti i temi cari ai neofascisti: Tolkien è stato a lungo considerato, e a torto per quel che mi riguarda, un’icona dell’estrema destra nordica (e non solo). Ma tirare per la giacchetta, e per discutibilissimi fini elettorali o di casacca ideologica, opere come queste dimostra solo la povertà culturale e la miopia intellettuale di chi si arrischia in operazioni del genere.
Intanto orde di fan, giustamente, hanno protestato contro quello slogan elettorale, che è stato guarda caso rimosso. Giorgia Meloni dovrebbe fare i conti, invece, con un’altra realtà: il Re della Notte, col suo esercito di cadaveri che camminano, assomiglia di più a un’ideologia logora – come le vesti degli zombi – che non ha futuro (come dimostra la serie stessa) e che ha bisogno di tenere in piedi i fantasmi del passato nel tentativo di andare da qualche parte. Sa di fascismo, in pratica. E la marcia sulla capitale di Grande Inverno è stata fermata da un personaggio che, per la sua storia e per il suo desiderio di autodeterminazione, collide in tutto con una certa idea di società fascista. Perché, cara Giorgia, diciamocelo chiaramente: di fronte a certe enormità, ideologiche e non, Arya ti guarderebbe malissimo, intimandoti di lasciar perdere. E non ci sarebbe di certo una seconda occasione, per dire la tua. Valar morghulis.
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