Una coppia di genitori di Sydney hanno contattato un’agenzia specializzata in cerca di una babysitter per i loro tre figli, dai 3 agli 11 anni, per la sera del 6 maggio: quattro ore di lavoro in tutto. La richiesta, però, era un po’ particolare e l’agenzia ha deciso di renderla pubblica. La coppia voleva una babysitter “normale”. Che significa? Doveva avere una formazione cristiana e “supportare i nostri insegnamenti contro i matrimonio gay“. Inoltre non doveva “supportare in alcun modo la comunità gay/arcobaleno”. Una persona dichiaratamente anti-gay, insomma.
“Anche se comprendiamo la volontà di avere una babysitter con principi religiosi che ai allineino con i vostri, chiedere una persona che risponda al vostro disprezzo per un gruppo di persone è oltraggioso – ha scritto il proprietario dell’agenzia -. A REACH Kids supportiamo fermamente le diversità nella nostra comunità. Anche se ci rendiamo conto che non tutti la pensano allo stesso modo, noi crediamo nell’uguaglianza dei diritti per tutti, compresa la comunità LGBT+”.
Per queste ragioni, spiegano ancora dall’agenzia, “abbiamo rifiutato la richiesta di questi clienti per via del loro comportamento discriminatorio nei confronti della comunità LGBT+”.
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