Addio a Karl Lagerfeld inaccessibile e iconico: matrimoni, figli e solitudine? Lui la pensava così

Lo stilista Karl Lagerfeld è morto oggi all’età di 85 anni, secondo quanto riferisce la stampa francese. Il sarto, stilista e fotografo tedesco era malato da diverse settimane. Celebre per i suoi abiti, era direttore creativo di Chanel, di Fendi.
L’uomo di cui nessuno ricorda di avere mai visto il collo (dopo l’anno in cui perse quarantadue chili in tredici mesi) riteneva che i pantaloni da jogging fossero un segno di sconfitta: “Hai perso il controllo della tua vita. Quindi esci in pantaloni da jogging”.

Inaccessibile dietro i suoi iconici occhiali neri ha sempre mantenuto un certo riserbo sulla propria vita privata. Nel 2013, durante la sfilata di Chanel per la collezione primavera-estate, fece sfilare due modelle in abiti nuziali, il tutto per rappresentare la polemica in Francia sulla legge sui matrimoni,.
Uno spiraglio sulla vita del genio della moda arriva nel 2015 grazie un’intervista per Vanity Fair dove commenta la vita coppia, la genitorialità e la solitudine.

Ecco alcuni passaggi:

 

Non ha mai avuto voglia di dividere la sua casa con un compagno?
«No no no no. Non ho mai amato quel tipo di promiscuità, eh? Anche quando qualcuno mi piaceva davvero, non abbiamo mai vissuto sotto lo stesso tetto. Non ho niente contro i matrimoni, ma non fanno per me».

 

 

E di diventare padre?
«No no no no. Ho bisogno del mio spazio e del mio tempo, e non voglio la responsabilità, preferisco essere il padrino ricco, ma poi i bambini tornano a casa dai genitori. Quelli come me non possono avere figli. Li vizierei a morte, li tratterei come Choupette, che è il centro della casa. E Choupette ha pranzato, e Choupette ha dormito, e Choupette ha fatto la pupù: grottesco. Ho messo da parte dei soldi per lei: dovesse succedermi qualcosa, chi la avrà in custodia disporrà di tutte le risorse per trattarla bene. E altri soldi li ho donati alla fondazione di Brigitte Bardot, perché non tutti i gatti hanno la fortuna di Choupette. Le due signore che se ne occupano la coccolano in modo anche esagerato, con baci, abbracci, che non sono neanche sicuro le piacciano. Io infatti non lo faccio. Però le permetto di dormire sul mio cuscino. E a volte non posso muovermi perché ha preso tutto lo spazio».

 

 

La solitudine non le pesa?
«La solitudine è brutta se stai male, se non hai di che vivere. Altrimenti è un lusso. A me serve a ricaricare le batterie lontano da tutti. Lo so che sembro un cartoon, ma non sono un cartoon pubblico».

 

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