Matrimonio solo “tra uomo e donna”. Referendum in Romania con l’appoggio della Chiesa

Il 6 e 7 ottobre 2018 in Romania si terrà un referendum per vietare costituzionalmente il matrimonio egualitario. A promuoverlo Coalitia Pentru Familie, “Coalizione per la famiglia”, organizzazione che ha raccolto tre milioni di firme per sbarrare le porte ad eventuali futuri interventi legislativi a favore delle coppie dello stesso sesso.

Attualmente il comma 1 dell’articolo 48 della carta costituzionale recita “La famiglia è fondata sul matrimonio libero e consensuale tra gli sposi”. Frase troppo vaga per i promotori che intendono modificarla usando la formula “tra uomo e donna”. Se al giorno d’oggi non esistono nĂ© il matrimonio nĂ© le unioni civili tra persone dello stesso sesso, l’approvazione del referendum coronerebbe lo status quo rendendo sostanzialmente impossibile per un futuro governo aprire ai diritti per le coppie same sex.

Una campagna referendaria (quasi) senza oppositori

Approvato dalla Camera nel maggio 2017 e pochi giorni fa dal Senato romeno, sempre con una larghissima maggioranza, il referendum ha potuto contare fino ad oggi di un appoggio politico pressochĂ© indisturbato. Fra le forze politiche romene solo il presidente Klaus Iohannis e l’Unione Salva Romania (USR), partito d’opposizione si sono schieratati contro la modifica costituzionale. Fuori dal Parlamento, il referendum vanta il benestare della Chiesa ortodossa, di quella cattolica e di quella copta.

Inascoltati gli appelli di Amnesty: “Rischia di incoraggiare la discriminazione”

Per Amnesty International, inserire il divieto costituzionale alle unioni dello stesso sesso incoraggia l’omofobia e “viola le norme internazionali in materia di diritto dell’uomo”. “Il referendum previsto -denuncia Barbora Cernusakova, rappresentante di Amnesty per l’Europa- rischia di introdurre restrizioni ulteriori alla vita quotidiana delle coppie omosessuali e di incoraggiare la discriminazione”. Si tratta “di un evidente passo indietro per la Romania”, sentenzia Cernusakova.
Nonostante gli appelli di Amnesty e delle associazioni Lgbt+, la Corte Costituzionale romena ha dichiarato legittimo il referendum. Perché la votazione sia valida è sufficiente la partecipazione del 30% degli aventi diritto.

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