Non ci son più gli haters di una volta: l’insostenibile leggerezza di Sarahah

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Domande che non avranno risposta

Ho scaricato Sarahah – sul cui nome avremo tutti qualcosa da ridire – come chiunque un po’ per curiosità e per l’ego. Perché diciamocelo, non è che ci piace farci insultare ma è normale che se susciti polemiche, se la gente ce l’ha con te, se ottieni l’effetto di portare qualcuno a impiegare parte del suo tempo per entrare in un’applicazione siffatta – capirne l’uso è una piccola impresa, almeno per i primi cinque minuti che sul web sono un tempo enorme – vuol dire che hai vinto tu. Sei al centro di qualcosa. Smuovi il mondo che ti circonda. Nel bene e, soprattutto, nel male.

Ho scaricato Sarahah perché volevo il sangue e invece…

E allora, siccome non è mia abitudine demonizzare i fenomeni – o mi sarei iscritto ad Arcilesbica – bensì conoscerli, ho scaricato l’app e ho cercato di vedere cosa ne poteva venir fuori. La mia prima reazione: un filino di delusione. Cioè, vanno benissimo i messaggi carini (sarà felice il mio psicologo, che vuole che accetti i complimenti), per carità, ma mi aspettavo l’arrivo degli haters. E invece, dei messaggi arrivati, solo pochi “sei una persona orrenda”, “sei la persona peggiore che abbia mai conosciuto, ma tutto torna” (e qui potrei dirti, caro anonimo ammiratore, che ti è andata decisamente di culo se il peggio che hai incontrato nella tua strada sono io) e qualche commento sporcaccione su cose che, ahimè, non faccio nemmeno. Il resto solo complimenti e consigli per migliorare se stessi. Cioè ragazzi, io vi ringrazio e ne sono sinceramente riconoscente. Ma come dire, volevo il sangue. E invece mi è arrivato lo sciroppo di lampone.

La app che non voleva creare il dialogo

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Coloro che osano e non osano

Poi ho cominciato a studiarli, quelli che mi commentano, e ho capito che potevo azzardare una piccola classificazione. La quale, come tutte, non ha la pretesa di scientificità né l’ardire di rinchiudere dentro micro e macrocategorie ogni rappresentante dell’essere umano, ma descrivono (o ci provano) ciò che ho letto tra i messaggi recapitati. Ebbene, come prima categoria emerge – implacabile e onnipresente – quella di coloro che non hanno capito. I paladini del “farcela mai”. Perché se guardiamo alla schermata con la quale ti dicono di inviare messaggi, c’è scritto Leave a constructive message con tanto di faccina contenta. Ora, io capisco che qualcuno voglia trasformare il constructive in destructive, ma qui dobbiamo capirci su un fatto fondamentale: la app non consente un dialogo. Tu scrivi, dici la tua – dal “ti amo” al “vaffanculo” – e finisce lì. Non c’è interazione dialogica. Se vi aspettate una risposta, insomma, rimarrete delusi.

Per l’uomo che non vuole chiedere mai

Quindi arriviamo a quelli del “mai una gioia”, ovvero coloro che sanno già (o immaginano di sapere) che pur volendo provarci con te non hanno nessuna chance e allora rinunciano in partenza. Il che è lodevole. Succede anche a me – vi racconto una storia: c’è un ragazzo che mi piace un boato, eppure non riesco a chiedergli di uscire, perché mi vengono le paure da quindicenne… ergo, è normale, tranquilli – ma qui si apre un bivio tra ciò che andrebbe fatto e ciò che (non) si fa: ovvero palesarlo senza palesarsi. Ragazzi miei, nella vita ci vuole coerenza. Per cui, se verbalizzate il desiderio di voler andare oltre sarebbe anche il caso di svelare chi siete. In linea generale, la vita può anche riservare sorprese. Se invece pensate di non avere nessuna opportunità: ok, è legittimo, ma tenetevelo per voi. Le mezze misure lasciano a metà strada. E la vita meriterebbe qualcosa di più “di una costante sottrazione” (cit). Sì, anche la nostra.

Una questione di scelte

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Un caso di body shaming

E quindi arriviamo a loro: gli ignavi del web. Coloro che ti scrivono una cosa carina, farcendola con un in cauda venenum (che per chi non lo sapesse, è l’esatto contrario del dulcis in fundo). Ti fanno sì un complimento, ma poi, sul finire, mollano la critica, l’insulto, la verità scomoda. Non riuscire a scegliere tra il bene e il male, no. Ripassatevi Dante e cosa prevedeva per quelli come voi. Antinferno e dintorni, per capirci. E non faccio spoiler. Nella vita è una questione di scelte. A te che scrivi “sei carino, ma hai una voce orrenda” (lo so benissimo, ma questa mamma m’ha dato e pazienza) oppure “molto interessante quello che scrivi, peccato che sei saccente” e roba così, ricordo che vale quanto detto prima: 1) per le mezze misure; e 2) per gli haters di una volta. Insomma, decidetevi. Anche perché il lato oscuro della forza, in certi momenti, ha il suo grande grande perché.

La differenza la fa l’indifferenza

Insomma, per arrivare a quelli che te le dicono veramente pesanti, stile Boldrini per capirci, devi frequentare le bacheche degli altri. L’erba del vicino non solo è più verde, ma è anche meglio concimata (visto che di sterco si tratta). E allora vedi che a qualcuno danno del sieropositivo – come se fosse un insulto, per altro – e, a chi lo è davvero, lo chiamano “scheletro che cammina” (e poi magari vi spieghiamo, in coro, come funzionano le terapie di oggi, riguardo l’Hiv). C’è chi fa body shaming (con frasi quali “non puoi stare con tuo marito, sei troppo grasso”) e chi attacca l’eccessiva effeminatezza (e magari sono gli stessi che sono MxM e cercano gente fuori dai giri gay su Grindr). Bene, a questi ultimi dico: grazie. Se non ci foste voi non si avrebbe, tangibile come uno stronzo fumante calpestato col mocassino nuovo, la differenza tra chi ha una vita vera e chi ha solo una tastiera su cui poter esprimere se stesso. Il vero disprezzo, e solo se motivato da ragioni profonde, va vissuto in modo meno appariscente, nel silenzio della propria indifferenza. Tutto il resto è fenomeno ascrivibile a quanto detto da Wilde sull’importanza che se ne parli. E se non sapete di cosa sto parlando, non preoccupatevi: era tutto, ampiamente, previsto. Buon ferragosto!

P.S.: ovviamente il nostro titolo è ironico e non vuole sottovalutare né sminuire il bullismo e l’odio sul web, come testimoniano gli attacchi alla presidente Boldrini, per altro già citata, a cui va tutta la nostra solidarietà.

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