Nel “nuovo Pd” di Renzi spariscono i diritti civili

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Matteo Renzi

Una vera e propria rivoluzione, dentro il Pd. O così dovrebbe apparire, agli occhi dell’elettore di certo attento, ma forse poco accorto. Come riporta l’agenzia Askanews, in una comunicazione ufficiale dello stesso partito possiamo leggere: «Per affrontare al meglio le sfide dei prossimi mesi il Partito Democratico ha deciso di formalizzare gli incarichi alla guida dei dipartimenti che affiancheranno il segretario e la segreteria nei prossimi mesi». Interessante, a ben vedere. Eppure…

Aspetti problematici per la questione Lgbt

Per qualcuno si potrebbe trattare di una cabina di regia molto più strutturata, insomma, che deve traghettare la nave verso le prossime elezioni, nella speranza di non naufragare tra la rimonta della destra e il pericolo, sempre in agguato, che il M5S guadagni il sorpasso nelle intenzioni di voto. In altri ambienti si parla di segretario che decide tutto e colonizza il partito. Il che, se guardiamo ai tre anni del governo Renzi, c’era anche da aspettarselo. Ma riguardo la formalizzazione degli incarichi, sono tre gli aspetti che – per chi ha a cuore la questione Lgbt – destano non poche perplessità.

Sparisce il dipartimento per i diritti civili

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Monica Cirinnà

Innanzi tutto, che fine ha fatto il dipartimento per i diritti civili? Vero che c’è quello per le pari opportunità, ma sappiamo benissimo il valore che dà la politica a queste diciture, trattate per lo più come realtà simboliche da dismettere se l’opportunismo dei giochi di palazzo è più forte del politicamente corretto. Eppure la questione diritti civili è lungi dall’essere risolta: ius soli in testa. Le unioni civili dovevano essere un primo passo, già superato dalla storia recente – si pensi a Malta e alla Germania – eppure per il nuovo Pd renziano non c’è posto per essa. Ma non bisognava andare in piazza per il matrimonio l’indomani dell’approvazione della legge? Le piazze attendono. Il principio di uguaglianza pure.

La genitorialità? Roba da donne

Arriva il dipartimento “mamme”. Cosa significhi tutto questo lo scopriremo solo vivendo, come diceva la canzone. Si ha, tuttavia, la spiacevole sensazione che nel nuovo partito renziano la genitorialità sia qualcosa di strettamente legata al femminile. Come se i padri non avessero delle responsabilità in tal senso e, quindi, anche dei doveri. Oltre che dei diritti, naturalmente. Diritti che mancando del tutto soprattutto a quei bambini che papà ne hanno due. Ora è comprensibile che con certe persone dentro il partito – come chi partecipa a simpatici raduni anti-Gpa – è importante lanciare segnali in tal senso, ma ricordo che la questione delle adozioni e delle forme alternative di genitorialità erano tra le tante promesse fatte dal Pd. Destinate ad essere tradite, si teme. Per far contenta qualche cattodem. In tutto questo, intanto, Monica Cirinnà non ha incarichi in questo riordino. Quando il buongiorno si vede dal mattino.

Un incarico anche a Verini

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Walter Verini

E poi, dulcis in fundo, troviamo un ruolo anche per Walter Verini. Se questo nome non vi dice nulla, vi rimando a una legge mai approvata in forma definitiva: quella contro l’omo-transfobia. Se avete memoria, il ddl Scalfarotto – che estendeva la legge Mancino ai reati determinati da odio per questioni di orientamento sessuale e identità di genere – venne azzoppata da un sub-emendamento che, secondo i timori delle associazioni e degli operatori del settore, rischiava di consentire agli omofobi di poter esser tali. Soprattutto nelle scuole, in chiesa e dentro i partiti stessi. Il provvedimento in questione era a firma Gitti e Verini. Ecco. Il quadro, credo, si chiude. E ben poco egregiamente. Noi intanto, mentre attendiamo che il nuovo Pd faccia da argine alla deriva populista qui in Italia, possiamo sempre continuare a raccontare Renzi come il leader più gayfriendly di tutti i tempi e il Pd come la più grande forza riformista del Paese. Se amate il fantasy, quanto meno.

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